Ciao ragazzi! Ho bisogno di una risposta da voi… ho una domanda che mi assilla da questa mattina: secondo voi le parole hanno un senso?
Cioè quelle “cose” che noi usiamo per parlare, comunicare, confrontarci, offendere o lodare hanno un senso? Significano qualcosa? Hanno sfumature
diverse? Oppure se uso una parola invece di un’altra è più o meno la stessa cosa?
La nostra giornata è piena di parole! Dette, ascoltate, sentite, percepite, scritte, lette; praticamente da quando ci svegliamo la mattina a quando ci addormentiamo la sera è un continuo scorrere di parole: un vero e proprio bombardamento. Forse varrà la pena di interrogarci sul loro senso…
Non voglio però qui fare un trattato di semantica [per quanto l’argomento sia davvero interessante (lo dico per quelli che dovessero avere voglia di approfondire per proprio conto)].
La parola che oggi mi ha suscitato il quesito di cui sopra è CARATTERE! Eh sì… ovvio e banale, direi… è la parola che stiamo analizzando in questo numero di CdM, legata al Servizio. Ma che parola è “carattere”, in fondo cosa significa? Che senso ha? Come al solito mi sono imbarcato sul mare del web, con la mia rete in mano, per andare a pesca di informazioni. Bene, “carattere” è una parola che ha molteplici significati! Innanzitutto un carattere può essere un segno tracciato, impresso o inciso, a cui si dia un significato (Harry Potter potrebbe prima o poi decidere di scrivervi una lettera con “caratteri” magici), oppure più semplicemente un carattere può essere la forma delle lettere di un alfabeto o dei segni di una scrittura (se qualcuno di voi volesse imparare il greco, dovrebbe confrontarsi con i “caratteri” specifici di questa lingua); poi ci sono i caratteri tipografici (quelli che servono a dare fisicamente vita ad una stampa), ma anche dei caratteri informatici, matematici, biologici… infine abbiamo la parola “carattere” che definisce il complesso delle doti individuali e delle disposizioni psichiche che distinguono una personalità umana dall’altra e che si manifesta soprattutto nel comportamento sociale, nella disposizione affettiva dominante, nell’umore abituale; in parole povere, vi è mai capitato di pensare cose del tipo: “il carattere di questo/a ragazzo/a mi fa impazzire”, oppure “certo che quella mia amica ha proprio un bel caratterino”, o ancora “che caratteraccio che ha il signore in quell’ufficio”.
Ecco, ora il senso di questa parola, se legata al termine “servizio”, già inizia ad assumere dei contorni più chiari. Però io che sono uno scassa “bip” o meglio: che sono molto preciso di carattere, non mi sono accontentato ed ho scoperto che “carattere” proviene dal latino character-ĕris e dal greco χαρακτήρ-ήρος e che in questi casi assume anche il significato originario di “impronta”!

Ora, lo ammetto: giuro di non aver mai usato nella mia vita la parola “carattere” pensando contestualmente ad una “impronta” di qualsiasi genere o forma… mea culpa!
Preso atto di questo, la cosa si fa, secondo me, interessante!
Ovvero, se pensiamo alla parola carattere intesa come semanticamente (come significato) proveniente da impronta, allora possiamo fare due considerazioni:

  • Il carattere non è solo un qualcosa che si manifesta e di cui gli altri possono o meno prendere atto in modo superficiale; della serie “quella persona è fatta così, a me questa cosa interessa fino ad un certo punto, l’accetto o non l’accetto a seconda delle situazioni”. Al contrario il nostro carattere influenza gli altri e noi veniamo influenzati dai caratteri altrui, perché attraverso di esso lasciamo o riceviamo un’impronta! Una volta che avete camminato su un suolo innevato ed avete lasciato su di esso la vostra impronta, quel pezzo di neve non è più lo stesso di quello che era prima che lo calpestaste.
  • Se è così, allora noi abbiamo una responsabilità rispetto al nostro carattere (per noi e per gli altri) e possiamo/dobbiamo modificarlo ed esercitare un controllo su di esso. Il carattere non è più un qualcosa di innato ed immutabile che ci è capitato a caso, al momento della nascita, e beati quelli che sono stati più fortunati ad averne uno buono (effettivamente tra le beatitudini questa non l’ho mai sentita citare).

Ma vuoi vedere che allora non è neanche un caso che quel vecchio volpone di Baden Powell parli di “formazione” del carattere? Evidentemente anche
lui aveva verificato che il carattere di ciascuno di noi è un qualcosa che è malleabile, che può anzi deve essere formato!

A questo punto mi aspetto la seguente domanda da parte vostra: ma che c’entra tutto questo con il web?
Giustissima osservazione! (In certi casi mi sento davvero un po’ Marzullo: “Si faccia una domanda e si dia una risposta”.) Il web comunque c’entra eccome, perché più o meno consapevolmente il nostro uso del web comunica molto del nostro carattere… attraverso di esso lasciamo tantissime impronte e ne riceviamo altrettante.
Sta a noi però scegliere quali lasciare e quali ricevere (pensiamo solo alle nostre attività sui social).
Questa volta tuttavia non voglio dirvi nulla… fate voi.
Rendiamo questo articolo “interattivo”: trovate qui sotto delle immagini; decidete voi, in base a quello che avete letto finora, quali esprimano un’impronta positiva e quali no; quali di queste immagini rappresentino “uomini e donne di carattere” e quali no; poi, se volete, agite di conseguenza nella vostra quotidianità.

Emanuele Porcacchia