Buona Strada!
Con questo numero, la nostra rubrica “Cadendo da Cavallo, Infuocando il Mondo” si rinnova nei contenuti proposti: infatti abbiamo pensato di dare vita alle parole dei nostri due Santi Patroni.
Partiremo dalla loro Voce e cercheremo di attualizzarla per comprenderla meglio e renderla concreta e sempre attuale, con l’auspicio che possa suscitare “preziosi turbamenti” nel nostro animo.
Buona Lettura!

S. CATERINA – Cercare e seguire

Si che vedete dunque che Dio per amore ce lo permette, a ciò che con cuore virile ci stacchiamo dal mondo con santa sollecitudine, e col cuore e coll’affetto, e cerchiamo un poco i beni immortali, e abbandoniamo la terra con le puzze sue, e cerchiamo il cielo. Però che noi non fummo fatti per nutricarci di terra, ma perché siamo in questa vita come pellegrini che corriamo al termine nostro di vita eterna, con vere e reali virtù.  (LETTERA 13 A Marco Bindi mercatante)

Non concedeva tregua a nessuno, dalla sua cella di Siena partivano lettere di fuoco e di fiamma, lampi di luce per svegliare i torpori delle anime. I destinatari erano tutti, amici, parenti, uomini
di potere, abati, preti, suore, vescovi, e fino al Papa e i regnanti. A tutti voleva mandare un messaggio, tutti voleva scuotere perché non perdessero la strada, perché scrutassero il cielo, perché vedessero
dov’è il buon cammino.
Questa era Santa Caterina, donna ardente, ispirata dallo Spirito Santo. La sua visione era chiara.
Chiaramente osservava il mondo, guardava nel cuore di ciascuno e per ciascuno aveva una parola di amore e di sprone. Non c’era tempo da perdere per nessuno. L’anima di ciascuno ha un breve tratto da
compiere in questa vita e il rischio di perderla è troppo grande. Per questo era così sollecita e generosa.
In pochi anni scrisse più di 300 lettere e ognuna indirizzata, con attenzione di madre, esattamente alla persona, a quella persona alla quale si era fatta vicina e che voleva aiutare, salvare. Forse per noi, uomini e donne del III millennio, abituati a frasi corte e concetti sintetici, non è facile leggere lettere così forti e articolate, piene di similitudini e di richiami, che richiedono anche di entrare in una lingua italiana più antica.
Basta però entrare. Come Caterina ha scosso i cuori di tanti suoi contemporanei, così ugualmente potrà fare con noi, se ci fermiamo un attimo ad ascoltarla.
Il fuoco di Santa Caterina è sempre acceso. Come acceso era il fuoco di San Paolo. Come acceso è il fuoco di chi cerca veramente strade e risposte volgendosi verso Dio, Strada delle strade, Risposta delle
risposte.
Allontanarsi dalle puzze della terra e volgere lo sguardo verso il cielo, capire quale via seguire e farlo con costanza e decisione è il cardine della nostra vita. Caterina lo sapeva. Lo ha detto a tutti, in tutti i
modi possibili.

S. PAOLO – Seguire e perseguire

Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, che gettavano le reti in mare. Infatti, erano pescatori. Disse loro Gesù: “Seguitemi e vi farò diventare pescatori
di uomini”. Prontamente, essi, lasciate le reti, lo seguirono.   (Mc 1,16-18)

Caduto a terra, udì una voce che gli diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Egli rispose: “Chi sei, o Signore?”. E quegli: “Io sono Gesù che tu perseguiti.” (At 9,4-5)

Se per i primi discepoli l’incontro con Gesù fù un’esperienza talmente appassionante da suscitare in loro il desiderio di seguirlo, per Paolo lo stesso evento capita mentre egli ardeva nel desiderio di perseguitare Gesù e i suoi seguaci.
Questo non è solo un gioco di parole tra due verbi con la stessa radice verbale (dal latino sequi); infatti, tra il seguire dei discepoli e il per-seguitare di Paolo si realizza la sorprendente novità della vita. Paolo seguirà Gesù, ma non prima d’aver chiesto a colui che egli perseguitava “chi sei o Signore?”. Questo particolare è degno di nota, perché si può pure per-seguitare una persona, un progetto e perfino Dio stesso e sentirsi giusto in virtù di un’idea che mi sono fatto ma, prima o poi, la vita stessa mi metterà davanti al volto di un “tu” che sconvolge i nostri piani e le nostre certezze, chiedendoci di essere accolto e seguito.
Questo in poche parole è ciò che è successo a Paolo. Quel “tu” di cui parliamo è l’esperienza dell’alterità tra di me e il mio prossimo (Dio compreso), e tra me e quella alterità che mi inabita e con la quale il rapporto non è mai così scontato come posso credere. C’è una stella nella vita che va seguita, perché le stelle si seguono con la stessa passione dei marinai, che di notte, in assenza di radar e
apparecchiature moderne, non possiedono niente altro che gli astri del cielo per orientare la loro rotta. Le stelle si seguono, non si perseguitano, perché dietro ogni stella c’è qualcuno che mi strappa del mio individualismo e dalla mia solitudine per farmi vivere l’esperienza dell’incontro.
Non è così immediato considerare Gesù come la stella che orienta le nostre scelte è più facile pensare Dio come un bell’ideale di vita da perseguire/perseguitare. Così era per Paolo e così potrebbe essere per tanti di noi! Ma come è possibile che si arrivi a preferire un Dio lontano ideal-pensato, piuttosto che un Dio vicino con cui entrare in rapporto, se in lui si condensano tutti i nostri desideri
di bene, di felicità e di vita piena che difficilmente vediamo realizzati altrove? Cosa può aiutarci perché si realizzi l’esperienza vera dell’incontro con il tu personale di Dio?
Ciò che è accaduto con Paolo ci mostra che non siamo noi con i nostri meriti ad andare incontro a Dio, ma è Lui che ci viene incontro. Non importa dove siamo nel nostro cammino
di fede, l’importante è prestare attenzione a come Dio mi raggiunge nello spazio e nel tempo della mia vita.
È come se Dio ci avesse donato questo tempo e questo spazio per sconfinare da noi stessi, liberarci dal nostro ego e rivolgerci all’incontro con la sua tenerezza. Dopotutto, l’incontro con Gesù non richiede da parte nostra la resa incondizionata della nostra volontà, ma necessita della nostra collaborazione perché si attivi la nostra libertà.
Nell’episodio della cosiddetta “conversione” di San Paolo si innesca un dialogo tra Gesù e Paolo: i due parlano tra di loro, si confrontano e nessuno lancia imperativi all’altro.
Come per seguire una stella è necessario che il marinaio senta l’urgenza di arrivare sano e salvo alla meta desiderata, laddove lo aspetta la persona amata che ha nostalgia di lui così è del nostro rapporto con Dio. Non possiamo seguire Gesù se non è il suo amore a sospingerci. L’amore di Cristo ci sospinge (2Cor 5,14) nel senso che il desiderio di seguire una stella è provocato da un amore più grande che ci precede, ci supera e ci perseguita.