Dal mio punto di vista posso vedere il mondo che mi circonda. Dal mio punto di ascolto posso sentire le voci della vita che si muove intorno a me. Dal mio punto di sosta posso guardare ciò che mi circonda. Dal mio punto… ma qual è il mio punto? Dove sono posizionato in questo momento? Quali visioni mi regala? Quali rumori mi restituisce? C’è un brano evangelico provocatorio (come spesso è il Vangelo). Gesù restituisce la vista a un cieco portandolo fuori dall’abitato, da casa sua, dai suoi luoghi usuali. Prima di imporre le mani, e toccandolo aprirgli gli occhi, lo porta fuori dal villaggio. E dopo gli dice di non tornarvi, di restare fuori. In pratica l’invito è quello di riposizionarsi, di abbandonare l’usuale punto di vista e di crearsi una nuova prospettiva. Di uscire dai luoghi comuni e dalle visioni consolidate del villaggio. Luoghi comuni, etichette, slogan, informazioni ripetute come un ipnotico mantra che finiscono per modellare una realtà distorta.

Trovare un nuovo punto di vista dal quale poter ripartire. Trovare la distanza che mi permette di riaprire gli occhi. Adesso più che mai abbiamo bisogno di uscire, di allontanarci da questo tempo che sembra soffocarci, conquistare vette e deserti, distanziarci per riprendere consapevolezza di noi, per distinguere ciò che siamo, che ciascuno di noi è rispetto al borgo che ci ha trattenuto per tanto tempo.

Prendere le distanze dalla tristezza, dalla noia, dall’idea di non avere prospettive, di essere limitato da confini. Provare a guardare il mondo dall’esterno come se non si facesse parte di quel giro, di quella giostra, potrebbe essere una esperienza interessante e una bella impresa di scouting.

Distaccarsi dalle usualità, dai gesti ripetuti, dal dover essere in un certo modo e di un certo gruppo, smettere di pensare che non ci può essere altro, che tutto il mio mondo dipende dal fare parte omologata di una linea di pensiero. E quando questo pensiero omologato mi porta a perdere il mio pensiero e la mia capacità di analisi, la mia capacità di distinguere il vero dal falso, il buono dal cattivo; quando questo pensiero conforme mi porta a credere che vale solo quello che la maggior parte delle persone dice, vede, usa, crede; quando questo pensiero ci trattiene dentro il villaggio… IO DIVENTO CIECO.

Quando ci viene chiesto di conformarci a un modello, modello magari proposto con argomenti più che convincenti, discorsi razionali, scientifici, forse anche etici e morali, probabilmente quello è il primo campanello di allarme. È elevato il rischio di perdere il proprio desiderio di grandezza e di infinito accettando di restare tra le mura del borgo. Un modello conforme non tiene conto dei talenti di ciascuno, non tiene conto della variabile di destino, del progetto di Dio su di me, della potenza della Provvidenza e dell’Amore. Un modello conforme è un’offesa a Dio, è un oltraggio alla sua creazione.

Diverso da un modello è invece l’esempio, l’esempio di chi è partito, di chi si è fatto delle domande scomode e ha cercato risposte vere, di chi ha dato vita a mondi diversi e vite nuove che hanno generato altre vite. Senza modelli, senza omologazione, senza assoggettamento a regole che oltraggiano la vita e la libertà. L’esempio di chi si incammina per strade sconosciute seguendo una stella, una ispirazione, una intuizione. Semplicemente perché ha alzato lo sguardo a scrutare il cielo.

L’augurio che faccio è che ciascuno di noi abbia presto il suo punto di partenza per arrivare a una nuova prospettiva. Per poter progettare la propria vita senza condizioni e dando spazio a quei sogni che sono alla base di ogni partenza.

Per poter ascoltare con orecchio giovane chi è intorno a noi con apertura e desiderio di capire, senza pregiudizi e rispettando le scelte e la vita di tutti.
Magari scoprendo che il sentiero che altri percorrono è quello che non sono riuscito a percorrere io; la via perduta, che non avevo visto a causa degli occhi chiusi da quella abitudine che avevo accettato mi circondasse e dal racconto che avevo lasciato che mi guidasse.

Il punto di partenza per ritrovarmi, per capire chi sono, per ripensare a tutte le cose e per vagliarle, per scardinare le certezze che mi tengono con lo sguardo ancorato alla terra a vedere polvere e fango. Perché se non riparto dal mio libero punto di vista a nulla valgono le stelle del cielo che non sarò mai capace di vedere.

“Vedere la stella. È il punto di partenza. Ma perché, potremmo chiederci, solo i Magi hanno visto la stella? Forse perché in pochi avevano alzato lo sguardo al cielo. Spesso, infatti, nella vita ci si accontenta di guardare per terra: bastano la salute, qualche soldo e un po’ di divertimento”
(Papa Francesco)

Monica D’Atti