Una volta poteva bastare dire “non esiste buono o cattivo tempo, solo buono o cattivo equipaggiamento”. Oggi non deve bastarci più. Una volta, come vedete in queste foto “vintage”, equipaggiarsi per le attività era molto più facile. Nel senso che, a meno di non essere un intero Fuoco o Clan di figli di miliardari, ci si faceva bastare quello che c’era, dai surplus militari agli avanzi di qualche settimana bianca: zaini e giacche di tela cerata, scarponi in cuoio, maglioni e intimo di cotone o lana più o meno rinforzati, roba così. Poi, più o meno dai primi anni 80, è iniziata la festa: tende, zaini ma soprattutto scarponi e abbigliamento tecnico in materiali sintetici sono diventati accessibili a tutti. Sempre più accessibili. Fino a oggi, quando per equipaggiare Guide o Esploratori, in maniera accettabile per attività non impegnative, bastano 150/200 Euro e due ore da Decathlon e passa la paura. Oggi non c’è dubbio che noi scout dobbiamo fare le stesse, meravigliose attività di sempre, ma possiamo farle provando meno freddo, rimanendo più asciutti, facendo molta meno fatica e procurandoci molte meno vesciche di una volta.
Soprattutto, e questo è un progresso da tenere nella giusta considerazione, rischiando molto meno di una volta, da brutte cadute a infreddature o danni alla schiena. Ancora più importante è il fatto che tutto questo è abbordabile. Una volta, chi aveva la fortuna di ricevere scarponi o giacca a vento quasi allo stato dell’arte si sentiva anche dire “se la rovini sono cavoli tuoi, con quello che costa”. Oggi, invece, se una giacca a vento adeguata si rovina, è possibile sostituirla senza accendere un mutuo.
Noi scout di oggi, insomma, siamo fortunati. I vari progressi tecnici in materia di equipaggiamento da trekking ci hanno risolto un sacco di problemi, da sicurezza e comfort al non dover pagare un occhio della testa per averli.
Ma facendo così, ne hanno creati altri, che non possiamo più ignorare. Lo zaino di tela o il maglione di lana non creano particolari problemi ambientali. L’abbigliamento in pile o altri materiali sintetici, invece, ne crea di enormi. Anche quando riciclato correttamente! Perché…

Accidenti alle microfibre!
Ogni volta che lavi un qualsiasi capo d’abbigliamento, si staccano da esso decine, se non centinaia, di frammenti microscopici. Se quel capo è sintetico i frammenti in questione si chiamano microfibre e sono quasi invisibili ma hanno effetti devastanti. Le ragioni sono due, e valgono per qualsiasi capo sintetico, che sia da trekking, sportivo, da sera, intimo eccetera. Primo, proprio perché ormai qualsiasi indumento potrebbe contenerle, le microfibre sono tantissime. Ogni volta che riempi la lavatrice, a seconda di quanti capi in pile o altri tessuti sintetici ci metti, dal suo scarico arrivano nelle fogne migliaia, o anche decine di migliaia di microfibre. Secondo i link citati in fondo, ogni famiglia rilascia talmente tante microfibre lavando i suoi capi sintetici, che è come se ogni anno polverizzasse una dozzina di bottiglie di plastica e poi buttasse quella polvere nei mari. Il secondo motivo è che, grazie alla materia di cui sono fatte, e alla loro forma (immaginatevi una paglietta metallica per lavare i piatti, ma microscopica) le microfibre fanno da spugna, o calamita, per qualsiasi zozzeria. L’effetto complessivo è questo:

  • Tu compri un bel maglione di pile, o dei calzerotti caldi e comodissimi anche perché sintetici;
  • Ogni volta che li lavi, disperdi centinaia delle loro microfibre nel corso d’acqua più vicino;
  • Prima o poi, tutte quelle microfibre finiscono in mare;
  • Dove, come dicevamo, assorbono tutti i pesticidi, olio di macchina e altre squisitezze che incontrano;
  • I pesci mangiano tutte le microfibre che trovano su plancton, alghe eccetera…;
  • Finchè tu non mangi quei pesci, microfibre incluse.

Per scherzare, si potrebbe dire quindi che qualsiasi capo d’abbigliamento sintetico ti metti nello zaino, prima o poi te lo mangerai, ma condito con tutta la zozzeria che ha incontrato nel suo cammino.

Che fare?
Scherzi a parte, il problema è molto, molto grave.
A prima vista, potrebbe sembrare molto simile a quello dei microgranuli in saponi e cosmetici, di cui abbiamo parlato in CdM 2014/D, ma non è così. I cosmetici e alcuni tipi di sapone sono, semplificando, un lusso di cui è relativamente facile fare completamente a meno. Biancheria e vestiti no.
Anche perché le fibre sintetiche ormai non solo stanno in qualsiasi tipo di abbigliamento, anche quello indispensabile, ma sono proprio la componente che ne abbassa il prezzo.
Fare sempre e davvero gli ambientalisti sull’abbigliamento, purtroppo, può essere roba da ricchi, e in campi come l’escursionismo arriva solo fino a un certo punto. I calzettoni potremmo comprarli di lana merinos, per dire, ma sacchi a pelo o giacche impermeabili? Se le fibre sintetiche danno molto più comfort e sicurezza di quelle naturali, perché rinunciarci?
In teoria, per neutralizzare le microfibre ci sono almeno due sistemi: uno è rendere obbligatori degli appositi filtri per tutte le lavatrici, l’altro è produrre fibre sintetiche che non perdano pezzi a ogni lavaggio. In pratica, l’uno o l’altro sistema funzioneranno solo se richiesti E accompagnati, tramite comportamenti responsabili, da tutti noi. Cominciamo a comprare meno “capi tecnici” possibile, preferibilmente dai fabbricanti più impegnati nel risolvere questo problema.
E poi facciamoli durare il più possibile, anche lavandoli solo quando è davvero necessario. Altri modi di combattere il problema, da discutere in Clan e
Fuoco, sono nel secondo link a fine articolo. Una volta ci bastava dire “esiste solo buono o cattivo equipaggiamento”.
Oggi dobbiamo chiederci quanto inquina, quell’equipaggiamento, e poter rispondere “il meno possibile”.

Buon bucato e Buona Custodia, Marco

PER SAPERNE DI PIÙ:

www.treehugger.com/sustainable-fashion/microfibers-may-be-small-theyre-enormous-problem.html
www.plasticpollutioncoalition.org/pft/2017/3/2/15-ways-to-stop-microfiber-pollution-now

Marco Fioretti