Del servizio, della solidarietà, della comunione e dell’amore parlano abbondantemente le pagine della Bibbia, anche se in termini negativi, iniziando dalla drammatica vicenda di Caino e Abele: «Dov’è Abele tuo fratello?» (Gen 4,9). Infatti, l’intera legislazione israelitica dell’Antico Testamento si regge sul principio della solidarietà, soprattutto nei confronti dello straniero, dell’orfano e della vedova (cfr. Dt 27,19). Nel Nuovo Testamento la strategia missionaria di Gesù è segnata dalla solidarietà con i poveri, i prigionieri, i ciechi e gli oppressi (Cfr. Lc 4,16-21); tra l’altro Gesù non esiterà a condividere la mensa con i pubblicani e le prostitute. La stessa modalità di edificazione della Chiesa nella storia è retta dalla solidarietà per il fratello “ultimo”; gli Atti degli Apostoli ci attestano pagine ideali da questo punto di vista: «Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune» (At 2,44). Anche le parabole di Gesù veicolano spesso il valore della solidarietà per i poveri (Cfr. Lc16,19-31), per i prigionieri e gli ammalati (Cfr. Mt 25,31-46), ma rispetto a questa tematica, nel messaggio parabolico di Gesù è dominante il noto racconto del “buon samaritano” (Cfr. Lc 10,25-37) che rappresenta il corrispondente antropologico del “padre misericordioso” (Cfr. Lc 15,11-32), oscillando così tra l’infinita benevolenza di Dio nei confronti di ogni uomo e la solidarietà, senza condizioni, richiesta ad ogni persona nei riguardi del suo prossimo.

«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico»
(Lc 10, 30).

Mi ha sempre inquietato quel Samaritano dal “cuore buono” nel racconto parabolico di Gesù nel vangelo di Luca. Mi ha sempre sconvolto quell’amorosa sollecitudine di uno straniero per un diverso, il suo farsene carico assolutamente non necessario.
Mi ha sempre affascinato quell’incurvarsi sull’altrui miseria di un uomo scartato e allontanato dalla società religiosa giudaica. Lungo la strada che collega Gerusalemme a Gerico penso sia ancora possibile fare incontri con gente malmenata, scartata, vilipesa e denigrata, che continua a subire violenza dagli altri, dalla società “liquida”, dalla vita liquidata dal culto delle sterili apparenze piuttosto che dalla fecondità dell’essere.
A volte mi chiedo se è possibile incontrare ancora oggi, nei ritmi frenetici e insensati di cui siamo schiavi, persone che giacciono moribonde lungo le nostre strade del non senso, dell’isolamento, dell’indifferenza, del dubbio sospettoso, senza provare per queste violenze morali poco evidenti meno sofferenza che per eventuali e più visibili sofferenze fisiche. Ci sono davvero tante ferite dello spirito che colpiscono quanti, anche oggi – forse più che un tempo – sono vittime della mancanza di significato, di valori, di forza per affrontare le fatiche, normali o straordinarie, che la vita purtroppo riserva ad ognuno. Urge sempre più il prendersi cura di formare una coscienza capace di singolari atti di carità cristiana e di autentica solidarietà umana.
Non si tratta di compiere semplicemente gesti dal sapore filantropico, quanto compiere con profonda attenzione e sollecita competenza, quella delicatezza che contraddistingue ogni vero gesto di carità.

«Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di
Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso assumendo una
condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2,5-7)

L’uomo di oggi è collassato dallo smarrimento, dal vuoto interiore, dalla frammentazione della propria specifica identità: è una persona smarrita. La formazione deve essere considerata una delle forme con cui il Samaritano si china sull’altrui sofferenza vincendo lo smarrimento, la paura, il disorientamento: è il configurarsi al modello dell’uomo-Dio, Cristo Gesù. Si tratta di rientrare in sé stessi, svuotandosi delle eccessive esuberanze dell’io e ritrovandosi riflessi in Cristo, il quale placa con il suo essere estroverso (uscire verso l’altro, verso il Tu) ogni inquietudine, incertezza, paura, dubbio. La complessità della vita di ogni giorno, la difficoltà a trovare un orientamento nella quantità e nella confusione dei messaggi che raggiungono la nostra coscienza e occupano la nostra interiorità, la paura del futuro e di noi stessi, la perdita dei significati delle esperienze quotidiane; tutto questo fa di noi una persona disorientata, che necessita di un Samaritano, di molti samaritani che si chinino e curino le più gravi ferite: la tentazione dell’indifferenza, dell’abituarsi a tutto e dell’adattarsi passivo ai problemi, rinunciando a porsi le domande. Siamo noi i chiamati a testimoniare questa “passione divina” per l’uomo affinché nessuno più versi ingiustamente in uno stato di bisogno.
Come Dio in Cristo siamo chiamati a donare a piene mani, svuotandoci e facendoci servi, tutto ciò di cui l’altro – il mio prossimo – ha bisogno. È Cristo il povero, l’esule, il senza lavoro, il sofferente; è Cristo l’affamato, il profugo, il senza tetto, l’espropriato della libertà; è Cristo che muore nelle fabbriche quando non si rispetta la dignità del lavoro; è Cristo il ferito dallo sfruttamento, il carcerato per amore del diritto alla libertà per tutti. In ogni persona bisognosa ritroviamo Cristo che ci invita a progettare la nostra vita personale e collettiva a partire dal servizio al prossimo. Sono questi, infatti, i nostri efficaci “maestri” che faciliteranno una nuova cultura capace di progettare un autentico umanesimo.

Assistenti_2«Ragazzi, non siete inutili, siete irripetibili. Ognuno di voi è una parola del vocabolario di Dio che non si ripete più. Voi non avete il compito nella vita di fare scintille, ma di fare luce.
Scegliete le strade del nascondimento, ma anche quelle della chiarezza. Praticate lo stile della semplicità, ma astenetevi dal «semplificare» i problemi. Aggregate la gente attorno alla Parola di Dio, senza la smania di compattarla attorno alle parole effimere dell’uomo. Amate e servite la Chiesa non per inseguirne la gloria, ma perché essa sia serva fedele del Regno. È il mondo lo spazio in cui ci giochiamo la nostra identità. Quale mondo? Quello della scuola, della fabbrica… il bar, la piazza, la spiaggia quest’estate… E se vi dicono che afferrate le nuvole, che non siete pratici, prendetelo come un complimento! Non fate riduzione ai sogni.
Se dentro vi canta un grande amore per Gesù e vi date da fare per vivere il Vangelo, la gente si chiederà: «Ma che cosa si nasconde nel cuore di costoro?». Non attardatevi a fare l’analisi chimica dei polveroni accademici che ogni tanto si sollevano sulle nostre teste. Indugiate, se mai, ad analizzare i bisogni profondi della gente: i bisogni di senso, gli aneliti di pace, l’ansia di giustizia, la ricerca di dignità, l’attesa di un nuovo ordine economico che assicuri ad ogni essere umano i diritti più elementari. Quando l’uomo agonizza, questa è l’unica analisi logica sulla quale è lecito soffermarsi. E solo da una analisi attenta dell’uomo “in situazione” può scatenarsi dentro di voi il desiderio di annunciare Gesù Cristo, facendo capire a tutti che sono ancora possibili cieli nuovi e terra nuova. Il Signore vi dia il gusto delle cose essenziali e vi renda ministri della felicità della gente.»
(servo di Dio don Tonino Bello, vescovo)

Don Nicola Abbatista