“Chi serve e dona, sembra un perdente agli occhi del mondo. In realtà, proprio perdendo
la vita, la ritrova. Perché una vita che si spossessa di sé, perdendosi nell’amore,
imita Cristo: vince la morte e dà vita al mondo.
Chi serve, salva. Al contrario, chi non vive per servire, non serve per vivere”.
(Omelia di Papa Francesco, 3 novembre 2015)

Lapidario il nostro Papa. In poche righe il succo della vita. Quasi duro a leggersi nelle ultime parole: “… chi non vive per servire, non serve per vivere”.
Chi non serve, chi non si mette al servizio della vita allora non serve, non è utile alla vita stessa, la sua vita ha poco senso, poca efficacia. Chi non si mette in relazione con il mondo con sentimento di servizio questi importerà poco al mondo. Sarà solo un abitante di passaggio, uno di quei nati sulla terra che non lasciano niente dietro di loro e niente dentro i cuori del prossimo che avranno incrociato nel cammino.
E la cosa ancora più triste è che avrà perso anche se stesso. Non sarà stato capace neanche di mettersi al servizio di se stesso, non sarà stato utile neanche per salvare la propria vita, la propria anima.
Pensiero duro? Analisi spietata?
Editoriale_2Diciamo invece che è una forte provocazione. Non ci si perde in giri di parole, si punta dritto al cuore. O vivi o muori, o servi o non servi. O ti colleghi con la logica del creato, con il logos di Dio che è perfetto amore generativo al servizio gratuito della vita o perdi il treno… nel senso che non riesci a entrare nel ritmo, nel cuore pulsante della vita. È con questo enorme mistero che bisogna cercare di mettersi in relazione; con questa costruzione continua che chiede agli uomini forti braccia e agili gambe, che apre ancora nuove strade perchè qualcuno accetti, si incammini e si metta al servizio di un altro sogno, di un’altra realizzazione. Questa creazione non interrotta e mai ancora arrivata al termine. Una storia partita dal portone del Paradiso Terrestre chiuso alle nostre spalle e destinata a concludersi davanti al portone spalancato della Gerusalemme Celeste.
Credo che al giorno d’oggi niente come lo scautismo aiuti a capire e a vivere questo messaggio. Il servizio è una dimensione che ci appartiene, che ci accompagna fin dai primi passi. In ogni fase della nostra crescita ci siamo trovati a servire. Piccoli servizi, poi servizi un po’ più grandi, poi impegnativi, poi quasi impossibili, poi invece tutti affrontabili.
La relazione che si crea tra persone, nella sestiglia, nella squadriglia, poi in clan e in fuoco, con i capi, poi con la natura che attraversiamo e all’interno
della quale abbiamo la fortuna di vivere; e i luoghi e le persone con le quali la nostra strada ci porta a venire in contatto; storie condivise e situazioni che ci entrano nel cuore e delle quali cominciamo a sentirci responsabili. La relazione porta alla risposta, al desiderio di condividere e di essere d’aiuto perché ciò che di bello e di buono abbiamo visto e che ci è entrato nelle vene persista, prosegua, possa vivere e prosperare. Il servire così è connaturato in noi. Per chi resta, per chi continua, per chi non va via presto, l’essere al servizio diventa la parte più naturale della vita. Quasi diverso, quasi marziano diventa chi non è capace di servire; chi fa finta o chi fa i conti.
E poi, a pensarci bene, chi non ha imparato a servire è anche meno libero. Servire ti permette di metterti liberamente all’opera. Non ci sono troppi calcoli da fare. Non perderai tempo a valutare i pro e i contro, le conseguenze utili o meno utili alla tua tasca o al tuo tornaconto personale. Potrai anche lanciarti in imprese che altri non perseguono perché saranno ancora lì a pensarci. Le uniche cose che ti serviranno saranno l’amore e il tempo. Di solito entrambe arrivano da Dio. Di solito entrambe possono essere oggetto di preghiera. Di solito per entrambe si impara presto a non fare il conto.
Così capiamo che la chiave che ci viene offerta è quella di una libera relazione con il creato, con le creature e con il Creatore. Liberi di amare il suo progetto, liberi di servire. Dove libertà è essere capaci di non farsi fermare dal proprio egoismo, dalla propria pigrizia, dai propri limiti.
Libertà di non farsi fermare dalla paura di perdere la propria vita. Anche perché come cristiani sappiamo, per fede e per ragione, che la vita non la potremo perdere se l’abbiamo donata.

Monica D’Atti