Tanto tempo fa conobbi un bambino. Ebbi occasione di incontrarlo parecchie volte nel corso degli anni e di vederlo crescere. Mi capitò di avere la confidenza di un suo pensiero ricorrente. Era profondamente convinto che la cosa più grande e importante che potessero fare un uomo o una donna era quella di diventare santi.
Mi raccontava di come gli capitasse di restare ammirato quando leggeva storie e biografie di quelle persone, e di come gli piacesse soffermarsi davanti alle loro immagini nelle chiese e nei musei. Uno dei suoi giochi era quello di riconoscerli dagli attributi iconografici e con il tempo era diventato bravo a distinguerli sbalordendo anche più di un adulto. Considerava i santi come dei supereroi, individui con poteri fuori dall’ordinario e per questo difficilmente imitabili. Almeno per lui. Mi confessava che gli sarebbe piaciuto diventare santo facendo così la cosa migliore della vita, ma pensava che non potesse essere obbiettivo alla sua portata. Non aveva la pazienza per pregare spesso. Sapeva di non essere abbastanza buono e generoso vista la spiccata tendenza a litigare sempre con i suoi fratelli e sorelle e ad essere geloso di tutto ciò che era suo. Facilmente veniva alle mani per difendere le sue ragioni. Poi gli piacevano troppe cose della vita ed era fortemente convinto di non poter rinunciare a quello che gli sembrava bello e accattivante così come aveva visto fare ai santi.
Ora il bambino sarà già un adulto e io non l’ho più incontrato. Non so se abbia conservato l’inquietudine che aveva, se i suoi pensieri si siano persi negli anni della maturità o se si siano sviluppati o modificati. Non so quale via stia percorrendo. Immagino strade possibili.
Immagino un trivio.
Potrebbe essere diventato un fervente uomo di chiesa, un pignolo del culto esteriore, di quelli che hanno capito di più, persone che spesso determinano le sorti di una comunità valutando secondo il loro insindacabile giudizio chi è buono e chi è cattivo; un uomo per tutte le processioni e gli appuntamenti sacri, molto compreso nel suo ruolo di persona credente adulta. Un uomo, per dirla alla Chesterton, passato “dall’infanzia alla maturità” conoscendo “quella crisi di gioventù in cui la maggior parte degli uomini diventano vecchi”.
Forse invece è uscito dalla porta dell’ultima chiesa tanti anni fa per mai più farvi ritorno: portato oltre dalla risacca della vita naviga ora su mari senza approdo, libero da pensieri di fede e vincoli rituali, lontano da idee religiose. Il tempo dell’adolescenza è finito con i suoi giochi; avvinto dalla sostanza e dalla materialità ha scelto quelle “troppe cose” alle quali da sempre pensava di non poter fare a meno.
Del resto lo sapeva fin da bambino. Piccola coscienza in formazione.Editoriale_2
Però a me piace pensare alla terza strada. Voglio immaginare che un giorno abbia cominciato a vedere cosa c’era dietro ai santi, a guardare oltre l’immagine rappresentata e agli aspetti pratici di una vita da santo. Mi piace credere che quel bambino abbia incontrato, dietro a tutto quello che lo affascinava, il vero Seduttore. Perché questa è la storia che narrano i santi. È il racconto di un incontro con il Dio Vivente. Non è storia di uomini straordinari, bensì l’incontro di uomini ordinari con lo Straordinario.
Un incontro possibile a tutti. Non ci sono calcoli da fare, non progetti, non studi approfonditi di dinamiche di vita che valutino la compatibilità delle proprie scelte con un eventuale rapporto con l’Eterno. E non c’è niente da copiare, da replicare.
Ciascuno di noi è chiamato ad essere santo a modo suo, nel suo tempo, con i suoi talenti. Così come quel pescatore di lago in quella piccola regione periferica a est del Mediterraneo, o come quel soldato dalla spada facile, o quello che cadde da cavallo, o quello che voleva diventare cavaliere, o quello che amava andare a fare passeggiate in montagna, o quella che rappacificò imperatori e papi, o quella che pellegrinò a Santiago, Roma e Gerusalemme e finì per fondare un ordine, o quella che fu madre fino in fondo, o quelli che furono genitori di santi, e chi fu medico o carpentiere. Niente di uguale, tutto diverso. Storie ogni volta differenti che sono avventure, come avventura vorremmo tutti fosse la nostra vita. In comune due sole cose: l’aver capito che lo Spirito Santo ne “sapeva” più di loro e quindi era buona cosa dargli carta bianca e l’aver fatto una razionale scelta di fede, quella che li portava a credere senza incertezze che alla fine del cammino c’è proprio Dio e che Dio è Amore superiore a tutto. Due piccoli concetti per vivere semplicemente da santo.

Monica D’Atti