Ciao ragazzi, Estote Parati… è proprio il caso di ricordare il nostro motto questa volta: dobbiamo essere pronti ad ascoltare quando il Signore ci chiama e state pur certi che Chiama, ognuno di noi: “il Signore chiama tutti, da tutti aspetta Amore: da tutti, dovunque si trovino; da tutti, qualunque sia il loro stato, la loro professione o mestiere. La santità non è una cosa per privilegiati. “ (1930_ San Jose’ Maria Escrivà de Balaguer). Ogni epoca della storia è caratterizzata dalla presenza di grandi Santi, che possono essere i nostri “indicatori della Strada, ma anche nella nostra quotidianità esistono “santi semplici”, “persone normali”, che con la loro vita, la loro bontà, la loro fede, possono essere per noi lo stesso “Indicatori” della Strada verso Lui.
Oggi vi voglio far conoscere un mio caro Amico e Fratello, don Andrea Aversa, 39 anni, cresciuto nel Gruppo Frosinone 2, è stato tra l’altro Capo Riparto, Capo Clan e Commissario di Distretto.
È diventato sacerdote il 27 giugno 2015 ed appartiene alla Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo .

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Come è che hai deciso di diventare sacerdote?

Guarda, la vocazione al sacerdozio non me la sono inventata io, non me la sono data io.
È Dio che chiama, il Signore mi ha preso mentre “badavo alle mie cose” (cfr Am 7,14-15). Perché mi abbia scelto lo sa Lui, non è per meriti o talenti miei, ma solo per la sua infinita misericordia!
Riconoscere che il Signore mi stava chiamando e dire il mio “sì” è stata una grande grazia, perché avrei anche potuto rifiutare l’invito discreto di Dio, e infatti ho aspettato tanto, ho fatto resistenze e sono “fuggito” finché ho potuto, quasi giocassi a nascondino con Dio, ma alla fine mi sono arreso al Suo Amore, sperimentandone pienezza di vita.
È questo che mi ha convinto. Così a 32 anni sono entrato in seminario. Last minute!

Ma come è accaduta questa “grazia”?

È stata resa possibile da tutto il cammino della mia vita e dai compagni di strada che il Signore mi ha messo accanto: a cominciare dai miei genitori, dalla mia famiglia, dai fraterni amici degli “Scouts d’Europa”, della “Comunità Scout di Soviore” e del movimento di “Comunione e Liberazione”. Ogni singolo passo è stato importante, ogni incontro: tutto è concorso al bene, di tutto rendo grazie a Dio.

Perché hai detto il tuo “sì”?

Semplicemente perché Cristo è risorto e ne ho fatto esperienza nella Chiesa; perché c’è l’Eucaristia: è tutto vero.

Cioè? Puoi spiegarti meglio?

Noi ci accorgiamo che Dio c’è per il centuplo che ci da (cfr Mc 10,28-31): che Gesù Cristo sia vero è dato dal fatto che seguirlo da cento volte più gusto al vivere la vita. Vuol dire per esempio che vorrai bene a tuo marito e alle tue figlie cento volte di più, che vorrai bene al lavoro e allo studio cento volte di più, che gusterai la natura, la musica, tutte le cose cento volte di più. Fino a quando uno non sperimenta questo sovrappiù di umanità, questo compimento di umanità non può capire che Gesù è il Figlio di Dio. La ragione per cui io seguo Cristo è perché seguire Cristo è bello, è felice, compie di più la mia vita!
Gesù dice a ciascuno: “con me otterrai una esperienza di pienezza di vita che non troveresti altrove”. E proprio questo ognuno di noi cerca: la pienezza di vita, una soddisfazione vera e duratura.
Questo invito di Gesù, questa promessa, ci raggiunge oggi attraverso la Chiesa, che è il Suo prolungamento nella storia. Seguire Gesù vuol dire quindi coinvolgersi nella vita della Chiesa, aderire ad essa.

Che contributo ti ha dato lo scoutismo?

La proposta scout è stata per me una palestra di vita. Un luogo e una compagnia di fratelli che mi ha fatto crescere aiutandomi gradualmente a conoscere me stesso ed i miei talenti ed ha influito positivamente negli orientamenti e nelle scelte della mia vita. Vivendo l’avventura scout mi sono trovato in situazioni sempre nuove e stimolanti e grazie all’accompagnamento dei miei Capi ciò che in me era solo potenzialità si è sviluppato ed è cresciuto. Ho scoperto dei talenti che neanche credevo di avere, ho acquisito delle capacità ed abilità che neanche mi sarei sognato. Dopo la mia famiglia naturale, lo scoutismo è stato per me come una seconda casa, una seconda famiglia. Questi due ambienti, la famiglia e lo scoutismo, mi hanno dato moltissimo, fanno parte di me, così come ora il movimento di CL. C’è stata come una crescita, uno sviluppo; prima la famiglia, poi lo scoutismo e infine il movimento.
Questi tre “ambienti” sono stati il luogo in cui Cristo mi si è palesato gradualmente facendomi crescere come uomo. Se sono quello che sono, lo devo a tutti gli incontri ed esperienze fatte. Come dicevo prima, di tutto rendo grazie a Dio.

Puoi raccontarci qualcosa del tuo cammino?

Laureato in Scienze dell’Educazione, lavoravo in una casa-famiglia per minori e assolutamente non avevo il minimo pensiero circa il sacerdozio, anzi. Storie ed innamoramenti con ragazze ce ne erano e il desiderio che avevo era quello di metter su famiglia in modo solido e di essere un buon padre.
Incominciò poi a crescere in me anche il desiderio di avere una fede matura e quindi cercavo come poterla approfondire.
Per la Pasqua del 2000, andai a trovare un amico che viveva in monastero. Feci un’esperienza straordinaria del Triduo, vissuto nel silenzio, nella bellezza della liturgia, nella gioia, e incominciai a rendermi conto che cosa fosse veramente la Pasqua. Quell’estate, partecipai alla Giornata Mondiale della Gioventù a Tor Vergata. Le parole e la testimonianza di Giovanni Paolo II mi “infiammarono”. In quel tempo lavoravo tantissimo, periodi intensi, tante attività ed impegni e mi sorgeva ogni tanto la domanda: «Signore, cosavuoi che io faccia?».
Lavorando nel sociale ero attratto ed interessato agli aspetti della solidarietà. Feci il servizio civile presso la Caritas e riscoprii la figura di madre Teresa di Calcutta, che mi conquistò e mi commosse. Pian piano, crebbe l’idea della missione ma non pensavo a me come sacerdote. Figuriamoci, bisognava studiare tanto!

Cosa ti attraeva? Che cercavi?

Ciò che mi muoveva era il desiderio di verità, una vita vera non mediocre e cercavo chi vivesse, chi facesse le cose sul serio e non tanto per farle; qualcuno che avesse le ragioni di ciò che faceva e viveva. Ero super attivo tra lavoro, scouts e tanti altri impegni, c’erano periodi che arrivavo a casa, lasciavo una valigia e ripartivo subito con un’altra già preparata da mia madre, ero come una trottola. Col tempo, ho capito che l’attivismo era per me come una droga, un anestetico per non affrontare e dimenticare le domande più profonde e vere del mio cuore.

Qualche incontro o fatto più importante?

C’è ne sarebbero tantissimi da raccontare. Come racchiudere la vita in poche parole? È sempre riduttivo, comunque provo ad evidenziare solo alcuni:
1.  Nel 2002 venne nella nostra parrocchia un missionario della Fraternità San Carlo che viveva in Africa, don Roberto Amoruso, e facemmo con lui un incontro con il Clan e il Fuoco. Gli domandai circa la sua vocazione. Proprio tu, scherzando, facesti una battuta riferendoti a me: “ecco il prossimo”. Mi ricordo che rimasi colpito da questo missionario e attratto dal giornalino che ci diede, “Fraternità e Missione”, perché sinteticamente il titolo esprimeva quello che desideravo vivere anch’io: la fraternità e la missione.
2. Dopo la Route di Natale del 2003 (www.levanto.com/route) cambia in me il rapporto con l’Eucaristia. Diventa un bisogno quotidiano e ne sperimento la forza. Incominciando a percepire qualcosa dell’Eucaristia, capisco anche l’importanza dei sacerdoti e inizio anche a pregare per le vocazioni, cosa che prima assolutamente non facevo quasi per paura che poi il Signore chiamasse anche me.
3. Nel gennaio 2004, alcuni amici mi invitarono alla presentazione del libro “Perché la Chiesa” di don Giussani. Quell’incontro fu per me sconvolgente ed iniziai a partecipare alla “Scuola di Comunità” (incontri di catechesi). Trovai delle persone a me coetanee con cui confrontarmi, le quali si aiutavano e sostenevano veramente nel cammino di conversione nella quotidianità, testimoniandomi la bellezza e la gioia di essere cristiani in ogni circostanza della vita.
4. Durante la Route di Pasqua del 2005, il sacerdote don Guido Gallese, ora vescovo di Alessandria, disse: «Non è vero che non ci sono vocazioni. Il
Signore chiama, ma chi è chiamato non risponde».
Rimasi colpito. Gli parlai e mi consigliò di trovarmi una guida spirituale, vicino casa, che potesse seguirmi. Feci il mese di maggio con questa intenzione e poi andai da don Mario Follega, parroco a Frosinone: «Ho questo tarlo circa il sacerdozio che ogni tanto riemerge. Puoi aiutarmi a vedere se è la mia strada?». Iniziai così il mio cammino di verifica della vocazione che mi ha portato ad entrare nel settembre 2008 nella Fraternità San Carlo.SalInZucca_4

 San Giovanni Paolo II, per l’Eurojamboree in Polonia, ci disse: «cercate di vivere con rinnovato entusiasmo il vostro impegno; così, lo scoutismo sarà per voi un mezzo di santificazione nella Chiesa, che favorirà e incoraggerà una unione più intima tra la vita concreta e la vostra fede.»
Sappiamo che, per il battesimo che abbiamo ricevuto, siamo chiamati alla santità ma molto spesso ci sembra qualcosa di difficile o che non sia per tutti o comunque proprio per noi. Come vivi tu la vocazione alla santità?

Beh, innanzitutto vorrei chiarire che tutta la vita è vocazione. Tu prima non c’eri e poi sei venuta al mondo. Ciascuno di noi è stato chiamato all’esistenza. Non abbiamo scelto noi di vivere, la vita è un dono. Il fatto che esisti dice che c’è un Altro, Dio, che ti ha voluto e ti vuole. Ciascuno di noi è amato personalmente da Dio. Poi, direi che in fondo, nella sostanza, non c’è differenza di “vocazioni”.
Come dicevi, siamo tutti chiamati alla santità e, proporzionalmente alla specifica vocazione data e ai conseguenti compiti richiesti, ognuno di noi ha, se vuole e con l’aiuto di Dio, i tempi e i modi per «attingere forza nel Signore e nel vigore della sua potenza» (cfr Ef 6,10) attraverso la compagnia della Chiesa, che lo raggiunge con dei volti particolari e concreti. Io ho i miei confratelli con cui vivo e voi avete la famiglia, il Clan e il Fuoco ecc. Non c’è chi è più “fortunato” e chi meno, il problema non sta in quello che possiamo o non possiamo fare, se siamo più o meno peccatori, purché ci si metta in cammino sorretti dalla grazia. La certezza e la gioia nel seguire Gesù sta nel fatto che Egli può vittoriosamente portare a compimento la mia vita già ora e poi nell’eternità.

Non sempre però si riesce a vivere con gioia la fede.

Se siamo tristi forse stiamo rifiutando qualcosa al Signore. Potremmo aver ridotto la fede ad un buon comportamento, a un elenco di cose da fare e da evitare oppure a un buon ragionamento, articolati e profondi pensieri sul vivere e il morire. Ma Cristo sta accadendo ora! In questo istante! La fede è riconoscerlo presente. Perché Gesù è presente dentro il nostro vivere. Non siamo noi che ce lo mettiamo, Lui c’è, c’è sempre, ma siamo noi che spesso siamo altrove con la testa ed il cuore per cui presi dalle nostre preoccupazioni, non stiamo davanti alla realtà con la semplicità dei bambini. Io prego ogni giorno la Madonna di essere, come Lei, povero in spirito ed avere la semplicità di cuore per poter riconoscere e amare Cristo nella realtà che mi è data da vivere.

In poche battute, cosa è per te la santità?

Santità è la realtà della mia vita che si realizza secondo il disegno buono di Dio che mi ha creato e mi ha redento in Cristo. Santità è la verità della mia vita. In concreto, santità è essere quelli che ci vuole Dio, come e dove Lui ci vuole. Sì, per me, santità è essere, con letizia e semplicità, come Dio mi vuole.

Grazie e tanti auguri per la tua missione sacerdotale!

Grazie a te. Permettimi di approfittare di questa occasione per ringraziare ancora una volta tutta la nostra bella Associazione, tutti i cari fratelli e sorelle scouts compagni di strada e di avventura che mi hanno guidato e sostenuto con la loro testimonianza.
Grazie di cuore a tutti e buona strada, vi ricordo nella preghiera!

Sara Sperduti