Capita a volte anche a voi di dimenticarvi di vivere? O per meglio dire: capita a volte anche a voi di ritenere scontato vivere, di non porsi domande sulla vita, di ritenere ovvio e naturale essere vivi? E che la vita passi così, scivoli via sciolta nel tempo che la trascina con sé, fino al momento in cui ci sarà chiesta indietro?
Sarà che forse comincio ad averne vissuta un po’, sarà che con gli anni le domande si consolidano e a volte arrivano anche delle risposte; sarà perché si matura e si diventa grandi. Però devo dirvi che sempre più spesso dentro di me trovo triste quel giorno o quel momento nel quale mi dimentico di vivere.
Che dono potente ed unico abbiamo ricevuto.
Un tempo per stare qui, rinnovato ogni secondo, regalato da Dio ogni momento. Possiamo farne ciò che vogliamo. Non ci verrà mai chiesto indietro quell’istante che abbiamo vissuto, sia che lo abbiamo usato per il bene che per il male. È nostro per sempre. E ancora ne aspettiamo un altro, anzi ci sembra naturale vivere quello successivo, non abbiamo neanche bisogno di attenderlo, tanto è connaturato in noi, tanto vi siamo già proiettati.
Come un camminatore nel passo che compie che è slancio per quello successivo. Eppure la vita non è così scontata. Sappiamo bene che l’attimo dopo
può non esserci. Lo sappiamo per averlo visto capitare ad altri. Quell’attimo dopo che non è più tuo…
Allora cominci a chiederti che cosa sia veramente tuo. Il passato è nei tuoi ricordi anche se poi si confondono e si accavallano fino a diventare confusi o restare spesso solo come sensazioni. Il futuro è un bellissimo sogno pieno di progetti che ti scaldano il cuore, di speranze che ti accendono, anche se stipato di cose che forse mai accadranno. Il presente è invece quello che realmente hai. Adesso, mentre io scrivo, ho questo tempo.
I secondi che passo digitando i caratteri e cercando di mettere in fila i pensieri. Io sono qui seduta davanti al computer perché Dio mi sta regalando il momento. Non è mio di diritto, anche se posso trattarlo come fosse una mia proprietà. È un tempo donatomi, un atto di amore di Dio. E io posso pensare di prendermelo e di farne ciò che voglio.
Me lo posso tenere tutto per me, così come posso pensare di fare anche per il tempo successivo che mi aspetto, che credo sempre di avere. Così in questo ragionamento si insinua un pensiero ulteriore. Come posso io, in coscienza, pensare di usare solo per me un tempo donato? Sembra quasi un furto, una rapina, un raggiro. Prendi il tempo e scappa.
È come creare un vallo tra me e il donatore della vita. Io sto di là dal fiume e tu, Dio, lanciami la vita che poi ne faccio ciò che voglio dall’altra parte della riva. Succede, succede spesso. In tanti non si accorgono del dono, in tanti non si chiedono da dove venga, in molti lo ritengono una cosa propria, da gestire e conservare come fosse un oggetto tra i vari che si possiedono, come la casa e l’auto. Vita da curare, da organizzare, da tenere lucida e bella, da assicurare con soldi sonanti.
Come se fosse per sempre e sempre immutabile, e soprattutto dipendesse da noi fare in modo che non si interrompa mai, che non ci sfugga. Il rapporto con il Datore si annebbia e si annulla nella strenua e concentrata detenzione della vita che rimane come stritolata dalle nostre mani che cercano di tenerla avvinta a noi stessi. E, per non perderla, capita di dimenticarsi di viverla!
Credo invece che la vita debba essere vissuta assecondando la sua natura: se è un dono deve essere donata.
È il modo più semplice e più giusto per darle respiro, per darle pienezza, per dare senso alla sua essenza più profonda. Allora la vita offerta si estende, prende il volo uscendo dalle pareti del nostro quotidiano e raggiunge confini inattesi arrivando fino a luoghi e persone che mai avremmo trovato e incontrato, e il tempo donato si moltiplica decuplicando il valore di ogni attimo che non è andato perduto.
Così la vita diventa prospettiva, successione di secondi che hai amato e che ami, uno dopo l’altro, finendo per rappresentare, come in un bellissimo
disegno, l’immagine che Dio aveva di te già fin dal principio.

Monica D’Atti