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#SFIDE (ovvero gli “scogli” di B.P. ai giorni nostri…)
Per il triennio che abbiamo da poco iniziato, la Branca Rover vuole indirizzare i Clan, e per primi i Capi Clan, lungo una strada alla scoperta del senso della “sfida”. Ma quali sfide ai giorni nostri?

B.P. nella “Strada verso il successo” scriveva di alcuni “scogli” da evitare lungo il fiume delle vita e ne individuava cinque. Gli stessi scogli ci sono anche oggi. Hanno cambiato forma e “colore” ma sono sempre gli stessi; per evitarli, però, bisogna dare colpi di pagaia differenti, in un torrente impetuoso che porta con sé acque diverse.

Riscoprire i 5 “scogli” di B.P., dal punto di vista della nostra specifica pedagogia, vuol dire considerarli ancora oggi come una proposta valida ed efficace, uno stile di vita che si trasforma in una proposta educativa. Una vita in cui principi fondamentali, come l’amore, la fratellanza, il servizio al prossimo, il ragionare con la propria testa, vengono concretizzati nei piccoli momenti quotidiani.

Oggi i contesti sociali, economici, culturali e religiosi, sono diversificati e cambiati profondamente. I contenuti ed il metodo educativo di Baden Powell, perché conservino la loro autenticità ed efficacia, necessitano di un approfondimento e di un aggiornamento. Il mondo di oggi, divenuto “villaggio globale” è caratterizzato da continue innovazioni e rapidi mutamenti che influiscono su tutte le culture. Il modo stesso di pensare appare segnato da nuovi criteri culturali di produttività, efficienza, razionalità scientifica. Nessuna critica verso le linee pedagogiche che ci hanno portato fino ai giorni nostri, ma bisogna rendersi conto che non è più come prima. E’ cambiato il quadro di lettura dei fenomeni sociali. Non si può riproporre oggi, in modo immutato, ciò che in passato ha funzionato. E riguardando bene le nostre azioni, non lo stiamo già facendo?

Ciò che vogliamo proporre in maniera forte ai nostri giovani è di guardare oltre lo scoglio; vogliamo mostrare loro ciò che di bello ed affascinante li aspetta una volta superato il rischio di impattare contro queste difficoltà della vita.
Così facendo, lo “scoglio dei cavalli” con il suo gioco passivo, diverrà la sfida di giocare in prima persona; lo “scoglio del vino” con i suoi eccessi, diverrà la sfida dell’autocontrollo; lo “scoglio delle donne” con i suoi rischi verso l’egoismo, diverrà la sfida verso l’apertura e il dono all’altro; lo “scoglio dei cucù e ciarlatani” con le sue falsità ipnotiche, diverrà la sfida al ragionare con la propria testa; lo scoglio dell’irreligiosità” con i suoi rischi di aridità, diverrà la sfida di una vita spirituale alla sequela di Cristo.

Trasformare quindi il cambiamento, da criticità in opportunità. Questo è forse ciò che per primi i capi e poi i loro ragazzi dovrebbero capire, metabolizzare e tradurre in azioni concrete per non farsi ingabbiare e “guidare da soli la propria canoa”.
Per far questo, per attualizzare correttamente il metodo educativo proposto da B.P., dobbiamo avere una esatta comprensione, anche storica, del metodo proposto dal nostro fondatore. Dobbiamo individuare le caratteristiche che hanno resto inedita, nuova ed efficace l’esperienza di B.P. rispetto alla realtà ecclesiale e sociale dell’epoca.

Alcuni suoi atteggiamenti educativi ed alcune scelte pedagogiche vanno ben considerati e portati avanti ai nostri giorni; tra questi vogliamo individuare e soffermarci su tre prospettive:
● Rilancio forte del “buon cristiano e buon cittadino”.
● Ritornare ai giovani con maggiore qualificazione.
● Considerare il nostro essere capi educatori, come un affare di “cuore” (educare con il cuore).

Queste tre prospettive hanno ovviamente bisogno dei necessari approfondimenti ed avremo tempi e luoghi adatti per farlo (in Pattuglia Nazionale, in Distretto, con i Capi Clan, ecc.)

Infondo i bisogni personali e le domande di senso dei ragazzi sono sempre le stesse, sono rimaste immutate. Ciò che è cambiato ai giorni nostri è il modo di darsi delle risposte… Il problema è che, rispetto al passato, le risposte sono già lì, a portata di mano, in quantità industriale e a volte, purtroppo, sono delle non risposte.

I Rover non cercano più le risposte. Stanno cercando le domande. Sta a noi Capi Clan far suscitare queste domande “di senso” nella mente e nel cuore dei Rover. Ciò deve avvenire anche nell’ambiente digitale, dove i nostri ragazzi vivono una parte della loro vita.
«Perché questo legame tra “giovani” e “digitale” che è dato spesso per ovvio, per naturale? Perché i giovani oggi vivono da cittadini l’ambiente digitale. Se vogliamo incontrare i giovani non possiamo disertare la piazza digitale. O meglio: nella loro esperienza di vita ordinaria, reale, la Rete è entrata come realtà emergente, addirittura come “tessuto connettivo” delle loro esperienze».1

Per far questo, due grosse sfide ci interpellano. La prima l’abbiamo imparata di recente, di ritorno dal Campo Nazionale, che ci ha fatto crescere da parecchi punti di vista:
la sfida dell’intereducazione. Vedere l’altro come una ricchezza. Accogliere la diversità come un qualcosa che mi completa, che mi rende parte di un tutto più grande, che mi allarga gli orizzonti e che mi fa capire che “diverso da me” non è necessariamente sinonimo di “sbagliato”. Ci ha insegnato soprattutto a non partire dai pregiudizi, a digiunare dai preconcetti e dall’inutile chiacchiericcio.

La seconda è quella di vivere l’ordinario. Dio ci parla ancora e ci parla nell’ordinario, non nello straordinario. Noi Capi Clan parliamo ai ragazzi, lo facciamo nella loro quotidianità e lo facciamo soprattutto con la nostra vita, senza aggiungere altre parole.

Diceva San Francesco ai suoi frati: «Predicate il Vangelo, se necessario usate anche le parole». Molti cercano, anche in associazione, qualcosa che li soddisfi, che dia emozioni, che dia privilegi, qualcosa che faccia vivere il “grande evento”, il miracolo.
Spesso purtroppo il risultato che otteniamo è un rifiuto, proprio perché la proposta viene considerata troppo banale, di facile portata. Si susseguono quindi assenze alle Uscite del Clan, bassa presenza alle riunioni e così via. L’ordinario viene confuso con qualcosa di poco soddisfacente.
Ma non è questo lo scoutismo che abbiamo imparato e vissuto! La nostra Legge e la nostra Promessa sono nell’ordinario, in ciascun giorno della nostra vita. Vivere un “Anno della Fede”, il tema che anche la nostra branca si è dato per questo anno scout, vuol dire proprio incamminarsi seguendo i binari di queste due importanti sfide, dell’ascolto e del quotidiano. “Una fede senza opere è come un albero senza frutti”, per questo fede e carità “si implicano reciprocamente”.2

Le cose cominceranno a cambiare quando io per primo mi rimbocco le maniche ed inizio a cambiarle. Quando “Servire” diventa il motto che spinge le mie azioni. I nostri Rover ci seguono fino in fondo solo quando capiscono che li vogliamo bene ed abbiamo una buona proposta per loro. E queste due cose vanno di pari passo.

Gipo Montesanto
Commissario Nazionale Rover