Page 04 - 2 Abbiamo avuto il piacere di intervistare Valentina una ragazza non vedente di Pescara.

Grazie per la fiducia che ci dai nel farti intervistare! Raccontaci di te….

“Per prima cosa, volevo ringraziarvi per la possibilità che mi avete offerto. Non è facile trovare persone che chiedano di raccontare delle esperienze o, comunque sia, di un modo di vita totalmente differente dal proprio. Io mi chiamo Valentina Lanti, tra qualche mese compirò 21 anni e studio filosofia e scienze dell’educazione presso l’università G. D’annunzio di Chieti.

Sono non vedente sin dalla nascita ma, nonostante ciò, posso dire di essere una ragazza serena, che accetta la propria condizione e che malgrado tutto, non si lascia abbattere dalle difficoltà che incontro ogni giorno. La difficoltà che balzerà all’occhio di tutti è, senza alcun dubbio, il dover essere accompagnata costantemente in posti che, per me, non sono conosciuti. Per fare ciò è necessario un rapporto di fiducia costante con la persona che mi guida”.

Fidarsi degli altri è sempre possibile?

“Rispondere a questa domanda non è facile, devo ammetterlo. Come già detto sopra, la fiducia è senza dubbio una componente essenziale della mia quotidianità, senza la quale il muovermi in luoghi affollati, o comunque ostici, è molto difficoltoso. L’appoggiarsi costantemente ad altre persone, il dover chiedere, inizialmente può essere difficoltoso o, comunque disagevole, ma con il tempo, in particolar modo con le persone con cui ho un costante rapporto, non mi è eccessivamente d’impaccio. Non posso negare che è piuttosto difficile trovare persone disposte a dare una mano o, comunque, a starmi accanto: di questo ho avuto moltissime dimostrazioni sia in ambito scolastico che non. Ci tengo a sottolineare che, però, nonostante la fiducia nelle persone che si hanno attorno, è fondamentale l’accettarsi, l’avere fiducia in sé stessi e l’essere consapevoli che la più grande barriera che una persona disabile può incontrare, non deriva dalla propria problematica, ma da come la affrontano le persone con cui interagisce”.

Nella tua vita quanto conta il fidarsi di te stessa?

“Ritengo che fidarsi di me stessa sia una cosa fondamentale. Io non sono il tipo che si impone dei limiti, accetto tutti i tipi di sfida nell’ambito dell’autonomia. Non sono rare, infatti, le volte che mi sono prefissata degli obiettivi. Il più grande e riuscito, credo sia stato quello della scarpinata per arrivare al rifugio Franchetti(2433 m). Per raggiungere questo luogo, aiutata dai miei genitori, ho dovuto percorrere sentieri di montagna con moltissimi ostacoli(lastre di pietra scoscese, salite piuttosto ripide, ecc) ma, nonostante tutto, posso dire di essermela cavata egregiamente: ricevere moltissimi complimenti dalle persone che, come noi, avevano intrapreso quel percorso è stato, per me, motivo di moltissimo orgoglio. Un’altra occasione in cui è fondamentale la fiducia che ho per me stessa, è quella universitaria. Mi capita, infatti, diverse volte di dover attendere pause interminabili tra una lezione e l’altra e, invece di restare con le mani in mano, è piacevole, a volte, fare passeggiate nel campus. Un altro esempio che posso fare a questo riguardo, è il fatto che viaggio molto da sola”.

Gli altri si fidano di te?

“Mi è capitato molte volte di trovarmi in situazioni nelle quali delle persone si siano dovute appoggiare molto su di me. Posso portarne due esempi che credo siano molto caratteristici. Il primo è una esperienza fatta da me recentemente, che consiste in un percorso di sensibilizzazione alla disabilità in alcune scuole: mi era stato chiesto, infatti, di accompagnare dei ragazzi che erano stati bendati, a percorrere un percorso specifico e non privo di insidie come, ad esempio due sedie che intralciavano il nostro cammino. In quella occasione posso dire che i ragazzi, nonostante fossero molto scettici all’inizio, una volta sbendati mi hanno detto che, malgrado il disagio e il timore procuratogli da quella situazione di buio, si erano sentiti molto a loro agio con me. Il secondo è rappresentato da delle cene al buio che l’Unione italiana ciechi organizza periodicamente. In queste cene, che sono sempre atte alla sensibilizzazione, alcuni soci dell’unione, me compresa, guidiamo, serviamo ed aiutiamo delle persone normodotate a cenare in un ambiente totalmente al buio. Anche in questa occasione, posso dire che, una volta accese le luci, diverse persone mi hanno detto di essersi molto fidate di me e di avermi vista come una sorta di faro nella notte”.