Tutti noi abbiamo sentito parlare almeno una volta delle Aquile Randagie nei nostri anni di scoutismo. Abbiamo cantato i canti che hanno scritto (“Madonna degli Scout”, “Col cappellone”, etc.) e quelli che hanno tramandato (la lista sarebbe troppo lunga). Pensate che il Roverismo italiano, come lo conosciamo oggi, è anche frutto di un lavoro di adattamento delle esperienze francesi ad opera proprio di uno dei capi delle Aquile Randagie, don Andrea Ghetti (detto Baden).

Se nonostante ciò, ci fosse qualcuno di voi che non conoscesse la storia delle Aquile Randagie, non c’è tempo da perdere! Ciò che questo gruppo di ragazzi ha rappresentato per lo scoutismo italiano e per la storia del secolo scorso non può rimanere nascosto alle menti e ai cuori di Scolte e Rover!

Le Aquile Randagie sono un gruppo di ragazzi lombardi tra gli 11 e i 17 anni che guidati dai loro capi hanno vissuto lo scoutismo in clandestinità durante gli anni del regime fascista e della seconda guerra mondiale, più precisamente tra il 1928 e il 1945. Poco dopo l’instaurazione del regime, l’appena nata Opera Nazionale Balilla si impose su tutte le organizzazioni giovanili a “carattere militare”, compreso lo scoutismo, tanto che in un primo momento l’ASCI (Associazione Scout Cattolici Italiani, fondata nel 1916), sostenuta e incoraggiata dalla Chiesa, era confluita nell’Azione Cattolica per cercare di evitare lo scioglimento. Nel 1928, in un clima di repressione e violenza, durante il quale fu ucciso don Giovanni Minzoni, l’applicazione delle Leggi Fascistissime portò allo scioglimento dell’ASCI e quindi dei gruppi scout. Il 22 aprile dello stesso anno nel duomo di Milano venivano deposte le fiamme dei gruppi milanesi.

Quando sembrava che tutto stesse per finire, qualco sa di nuovo stava invece nascendo: in quella stessa occasione, infatti, un bambino di nome Ciacco fece la sua promessa di Lupetto! Era l’inizio dello scouti smo clandestino, la “giungla silente”, come la chiamarono le Aquile Randagie! Il 20 maggio Giulio Cesare Uccellini (Kelly) guidava già il suo riparto in uscita a Corni di Canzo. Le attività si svolgevano nelle cam pagne tra Milano e Monza. I mezzi che lo scoutismo aveva insegnato loro furono indispensabili strumenti di clandestinità. Il codice morse e i segni di pista venivano utilizzati per comunicare il luogo dell’incontro, a cui ci si recava in bicicletta vestiti in doppio strato: sopra i vestiti borghesi e sotto l’uniforme perfetta! I messaggi venivano lasciati in un buco di una colonna in piazza dei Mercanti a Milano. L’impervia Val Codera e Colico furono i luoghi nei quali si svolsero numerosi campi estivi in perfetto stile scout nonostante ciò che stava accadendo in Italia e in tutta Europa. Nel 1933 e nel 1937 una delegazione delle Aquile Randagie partecipò ai Jamboree mondiali di Ungheria e Olanda. In quest’ultimo Jamboree, durante un incontro personale con Baden e Kelly, Baden Powell elogiò le Aquile Randagie e l’incoraggiò a perseverare. Il clima però era teso e ostile ed un piccolo errore poteva costare caro. Fu così che Kelly, sorpreso in uniforme da una squadra fascista, fu picchiato e lasciato a terra morente. Se la cavò, ma perse l’udito da un orecchio.

Baden fu costretto a nascondersi per parecchio tempo e non fu catturato solo grazie ad un errore di battitura nel suo cognome.

Pochi giorni dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, le Aquile Randagie scelsero di fare resistenza alla loro maniera. Si misero a servizio di prigionieri di guerra, ebrei perseguitati e nemici del regime, riuscendo a far espatriare più di 2000 persone. L’organizzazione che allestirono, OSCAR (Opera Scout Cattolica Aiuto Ricercati), era specializzata in falsificazione di documenti e nell’attraversamento dei confini nazionali. Il loro motto era: “Noi non spariamo, noi non uccidiamo, noi serviamo!”.

Io sono tra i fortunati che hanno avuto l’occasione di sentire questi fatti raccontati in prima persona da due Aquile Randagie: Peppino Nobili (Leprotto) e Carlo Verga. Nel 2008 a Treviso essi incontrarono gli scout di diverse associazioni in una chiacchierata dal titolo: “Ogni giorno per un giorno in più”. Il significato di questa frase è riferito al fatto che le Aquile Randagie avevano un obiettivo, ambizioso e grande, come ogni impresa che si rispetti: resistere un giorno in più del fascismo. Avevano intuito infatti che il giusto investimento per il futuro era l’educazione della persona e non della massa, la formazione del carattere di uomini liberi e non l’omologazione degli individui. E l’impresa fu vinta, tanto che nel dopoguerra quando fu chiesto a Baden e Kelly di riorganizzare l’ASCI in Lombardia, loro risposero che non c’era nulla da riorganizzare perché lo scoutismo in Lombardia non aveva mai cessato di esistere!

Io credo che quello che hanno fatto questi ragazzi sia veramente grande, soprattutto per il coraggio e la determinazione che hanno dimostrato.Aquile randagie_2

La fiducia in un futuro migliore del presente che stavano vivendo li ha spinti a guardare sempre oltre, verso la meta: il giorno in più. Ma tutto ciò è stato vissuto con la naturalezza e la spontaneità proprie della loro giovane età e con la voglia di giocare al grande gioco della vita. Come ha detto, infatti, con grande umiltà Carlo Verga in quella chiacchierata a Treviso:

“Ci ricordate per quel poco che abbiamo fatto e che ora avete pensato di ingigantire; noi abbiamo solo fatto del nostro meglio”.

Aggiungo due link, per chi avesse voglia di approfondire.
Materiale sull’incontro di Treviso:
1) www.scoutstreviso.org/Archivio/5-4-AR/index.htm
Documentazione sulle Aquile Randagie, davvero interessante:
2) www.aquilerandagie.it/

Francesco Barbariol