Entrai nelle Coccinelle l’anno della IV elementare.
Da allora lo scoutismo è stato un faro importante nella mia crescita, un’ispirazione, una proposta di ideali di cui tutt’oggi sono convinta sostenitrice; un terzo genitore, un secondo papà o una seconda mamma.

All’inizio è stato sicuramente un faro piuttosto abbagliante: uno spirito libero e spensierato, come quello di un bambino o di un ragazzo, fatica a trovare spazio per le regole, tra le mura domestiche così come fuori. Capivo che la Legge della Coccinella era una cosa giusta e andava rispettata, ma passava certamente in secondo piano di fronte all’opportunità di lanciarsi con entusiasmo in un gioco e lasciarsi travolgere dalle avventure. Mi sono resa conto della spinta educativa che lo scoutismo aveva su di me solo quando, dopo 8 anni di campi, riunioni, canti e balli, sono uscita dal movimento.

Ma non si è trattato di un distacco -come dire-mentale, un rinnegare l’associazione: io mi sentivo scout in ogni cellula del mio corpo e non avrei potuto smettere di esserlo.

Sentivo però l’esigenza di cambiare qualcosa nella mia vita, di provare nuove esperienze: sulla scia delle amiche uscite dagli scout, complice un certo livello di immaturità, ho deciso di ritirarmi. Il fatto di avere più tempo libero da dedicare alle mie passioni non è stata una conquista preziosa quanto speravo: mi sono dedicata con entusiasmo a nuovi interessi, rendendomi però presto conto che nessuna attività avrebbe potuto competere con la completezza sociale, educativa e spirituale dello scautismo, di cui sentivo necessità. Spesso, nelle chiacchierate tra amiche, evocavamo malinconici
flashback su qualche avventura vissuta durante un campo estivo; sentivo spuntare un sorriso complice e nostalgico quando mi capitava di guardare le foto del calendario scout appeso in cucina; l’orgoglio bussava alla porta quando liberavo dalla polvere il mio fazzolettone giallo-blu, sistemato
con cura sulla mensola in camera; una scintilla di indignazione e dispiacere sprizzava ogni volta che sentivo giudizi negativi e infondati o commenti canzonatori. Tuttavia non mi sono più riavvicinata intenzionalmente alla vita scout: avevo fatto la mia scelta e, seppur con qualche rammarico
e ripensamento, ho continuato per la mia strada. Fino a quest’estate, quando sono stata ingaggiata come cambusiera per due campi. E dopo quattro anni di lontananza (e di crescita personale), il contatto con il mondo scout è stato decisivo. Vinta dall’atmosfera respirata durante i giochi, le
scenette e gli innumerevoli canti e balli sotto le stelle, che mi hanno divertita esattamente come dodici anni fa, non ho potuto far altro che ripensare alle mie scelte.

Cosa voglio dalla vita dopotutto? Stare all’aria aperta, stare in compagnia, imparare, dormire sotto le stelle, conoscere, costruire!
Cantare e ballare, poter essere d’aiuto, travestirmi per fare un personaggio, inventare, faticare per raggiungere una vetta, mandare messaggi con l’alfabeto morse, prestare servizio a qualcuno, ridere, esplorare il mio rapporto con la religione, scoprire nuovi posti, improvvisare una scenetta, educare! Ho 21 anni ed è questo quello che voglio, e lo scautismo me lo può dare.

Ho deciso di tornare a far parte dell’associazione ovviamente per piacere personale, ma anche perché sento il bisogno e il dovere di dare qualcosa, di trasmettere la mia esperienza e tutto quello che ho imparato a chi verrà dopo di me. Penso che la Legge Scout, bandiera di ideali e valori morali, possa rappresentare un valido punto di riferimento per le giovani generazioni che, come piccole barche da pesca, arrancano nel mare tempestoso della società, alla ricerca di un faro che li guidi verso porti sicuri.

Greta, Lince che corre libera nella foresta,
Longarone I, Fuoco Stella del Mattino