La sua macchina viene fermata da un gruppo di uomini armati, dal volto coperto. Lo trascinano fuori dall’automobile e cominciano
a sparare all’impazzata per due minuti. Lui viene crivellato con una trentina di colpi; gli attentatori si allontanano. L’autista della sua scorta tenta una disperata corsa all’ospedale, ma per lui non c’è più nulla da fare.
È il 2 marzo del 2011: muore così il cattolico Shahbaz Bhatti, 42 anni, Ministro pachistano per le minoranze religiose.
Qualche mese prima, Bhatti aveva ricevuto un ultimatum: una “condanna a morte” da parte di un gruppo di terroristi.
L’accusa: blasfemia. Bhatti aveva difeso Asia, condannata per presunto oltraggio al profeta Maometto; voleva abolire la legge sulla blasfemia, in 25 anni costata la vita a centinaia di cristiani; aveva da poco vinto il Premio internazionale della Pace 2010, “Simbolo della Pace”.
Bhatti: un uomo politico. Bravo nel parlare, certo: ma non solo. Credeva in quel che diceva, era coerente con se stesso, disposto a tutto – anche a morire – pur di difendere i propri ideali cristiani.
I passi seguenti sono tratti dal libro “Cristiani in Pakistan”, in cui un prete italiano (Mons. Dino Pistolato, direttore della Caritas di Venezia), raccoglie la testimonianza di Bhatti, allora impegnato nel soccorso dei superstiti al terribile terremoto che nel 2005 sconvolse la regione pachistana.

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CORAGGIO
“Mi sono state proposte alte cariche di governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato”
Quanti, anche tra la classe politica che dirige il nostro Paese, avrebbero saputo rispondere come Bhatti?
Quanti avrebbero avuto il coraggio di rinunciare al potere e alla ricchezza pur di non abbandonare la ricerca del bene comune?
Sono queste le domande che, come buoni cristiani e come buoni cittadini, come rover e scolte quindi, dovremmo porci.
Anche quando andiamo a votare ed esprimiamo la preferenza sulla scheda pensiamo: chi, tra i politici in lista, saprebbe comportarsi come Bhatti?

UMILTA’

“Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù”
Un incarico politico è un compito pieno di responsabilità. L’uomo politico prende decisioni che possono influire sulle condizioni di vita di milioni di persone: il potere che gli viene affidato deve essere gestito nel miglior modo possibile.
La tentazione è quella di sfruttare a proprio vantaggio questo potere, per raggiungere popolarità, ricchezza, predominio.
Per questo motivo, l’assegnazione della responsabilità politica deve fondarsi su una solida base, una particolare condizione d’animo: quella dell’umiltà. Il politico deve essere come un rover o una scolta in servizio: dà senza contare, offre se stesso per servire gli altri.

PACE

“Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione”
La pace come motore della felicità. Questa è la finalità di una politica a misura d’uomo: il politico dà il via alla pace, cambia il modo in cui le persone si relazionano. Pace è rispetto delle persone con credi religiosi differenti, attenzione alle esigenze degli altri, progresso tecnologico al servizio del bene dell’uomo. Quale politico è attento a questi aspetti? Quale sarebbe in grado di iniziare il processo di pace? La pace è contagiosa: una volta assaggiata, l’uomo non può più farne a meno. Perché con la pace, l’uomo raggiunge la felicità.

Politica viva_3 Cristiani in Pakistan. Nelle prove la speranza

Autori: Shahbaz Bhatti

Editori: Marcianum Press, Venezia ’08

Pagine: 67

Prezzo: 9 euro

Massimo Pirola