”Servire” è il nostro motto. Ma quante volte ci capita di faticare nel metterlo in pratica nella quotidianità, nell’intervenire quando possiamo essere d’aiuto o quando addirittura ci viene richiesto, magari rimandando ad un “più tardi” che forse non arriverà mai. E quante volte, pur essendoci tirati su le maniche, non nascondiamo che avremmo volentieri fatto dell’altro. Ma se è vero che è la sostanza, il rendersi utili per qualcuno, che conta, è bene ricordarsi che la forma non è secondaria: sono molto importanti il “quando” e il “come”.
Proprio poche settimane fa, mi è capitato per caso di conoscere la storia di una donna, Liduina Meneguzzi. Le persone che l’hanno incontrata nel corso degli anni ricordano che ad ogni richiesta la sua risposta fosse sempre: “Sì, volentieri, subito”. E la concretezza dei fatti, la delicatezza dei gesti, i sorrisi e la prontezza nell’intervenire corrispondevano a quanto promesso. Liduina Meneguzzi nasce nel 1901 nella campagna padovana, in un paese vicino ad Abano Terme, con il nome di Angela. La sua famiglia è molto povera e i suoi genitori lavorano i campi. Angela, seconda di sette figli, impara fin da subito cosa significa prendersi cura degli altri perché essendo la ragazza più grande deve occuparsi dei cinque fratellini più piccoli e aiutare la madre nei lavori domestici. Inoltre, trova da lavorare presso alcune famiglie ricche del paese e in un albergo.
Cresciuta in una famiglia profondamente cristiana, fin dall’adolescenza sente il desiderio di servire il Signore, diventando suora. L’occasione arriva quando proprio al suo paese arrivano le Suore salesiane.
Biografie_2Ma i suoi genitori hanno bisogno di lei in casa e Angela, capendo che non è ancora il momento di comunicargli la sua volontà, attende. E dovrà attendere ancora, perché il padre muore a soli 57 anni. Finalmente a 25 anni entra nell’Istituto delle Suore di San Francesco di Sales, che prendendo ispirazione dal loro patrono vivono la quotidianità con spirito di dolcezza e umiltà.
Nel vestire l’abito religioso, Angela prende il nome di Suor Maria Liduina. Per 11 anni Suor Liduina rimane a Padova nel collegio delle Suore che accoglie le ragazze povere della zona, che la stimano per le sue qualità materne di amore e pazienza. È instancabile nel suo servizio e sempre sorridente. Nel 1937 i Padri Cappuccini presenti in Etiopia chiedono la presenza delle suore per l’educazione dei bambini e di alcune infermiere per l’ospedale. Liduina fin da piccola sogna di andare in Africa e spera di essere scelta ma è consapevole di non avere grandi capacità.
Invece, viene scelta proprio per assistere i malati nell’ospedale della cittadina etiope di Dire-Dawa, perciò si prepara per alcuni mesi presso l’ospedale
di Padova per diventare infermiera, prima di partire. La cittadina di Dire-Dawa è abitata da gente di razza, cultura e religione diverse e a tutti suor Liduina dona il suo amorevole servizio, senza distinzioni.
Per lei non esistono differenze tra bianco e nero, tra cattolico e mussulmano perché in tutti vede Gesù. Lei che si considera una “povera oca” riesce ad entrare in relazione con tutti. E quando dice che Dio è Padre di tutti e tutti siamo fratelli, chi l’ascolta, crede, non tanto per le sue parole, ma per i suoi gesti di carità e di amore verso tutti. Non sopporta vedere soffrire nessuno e quando si trova di fronte ad un bisogno o ad un problema non si da pace finché non trova una soluzione.
Un infermiere testimone del tempo dice: “In suor Liduina c’è qualcosa che la contraddistingue: abnegazione e semplicità, bontà e amore fraterno per tutti. Per gli ammalati e per i sani, per i bianchi e per i neri.” Un altro infermiere ricorda: “Suor Liduina con la sua carità e bontà ha illuminato quel mondo di sofferenza e di miseria in cui si viveva. Era una piccola suora, di poca cultura, ma l’amore che ardeva in lei la trasformava in abile infermiera, assistente chirurgica, anestesista, dottore.” Pochi mesi dopo il suo arrivo in Etiopia suor Liduina avverte i primi segnali di un tumore che lentamente la porterà alla morte. Eppure non pensa mai a se stessa. Ad un medico che le raccomanda di riposarsi risponde: “Dottore, non sono venuta in Africa per riposarmi! Ho l’eternità per riposarmi, ora questi hanno bisogno di me”. Si riferisce ai malati che l’ospedale accoglie e ai feriti che dopo lo
scoppio della Seconda Guerra Mondiale giungono all’ospedale. Anche l’Etiopia infatti, colonia italiana in Africa, è terreno di scontri e oggetto di bombardamenti. Suor Liduina è una mamma e una sorella per i soldati feriti e lontani dalla propria terra e dai propri cari. Nonostante la malattia gli stia togliendo le forze ogni giorno di più, persevera nella sua cura e nel suo sostegno ai pazienti. Fino all’ultimo rimane accanto a loro, fino alla sera prima dell’intervento dal quale non si riprenderà più. Suor Liduina muore a 40 anni a seguito di complicanze insorte dopo un intervento chirurgico. Viene seppellita in mezzo ai soldati, come essi stessi desiderano, perché rimanga ancora insieme a loro, prima di essere riportata in Italia, dove attualmente riposa. Suor Liduina è stata proclamata beata da Papa Giovanni Paolo II il 20 ottobre 2002. Per tutti rimane un esempio di servizio straordinario, amorevole, puntuale e generoso, perfettamente riassunto in quella risposta “Sì, volentieri, subito” che tanto ricorda l’”Eccomi” di Maria.

“Sì volentieri subito ripeto anche oggi, sollecitata dall’Amore ad essere un
cuore aperto per tutti coloro che sono nel dolore”

Francesco Barbariol

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