Occhio all’orologio! Quante volte lo abbiamo sentito dire? Rispondo per tutti:
ABBASTANZA!
Spesso lo dicono i genitori, gli insegnanti, i responsabili e simili, ma cosa accadrebbe se a dirlo non fosse una persona o un orologio ma un campanile? Sarebbe strano certo…
Provate ad immaginare ora un luogo circondato da bianche mura dove il tempo è scandito dal rumore del lavoro quotidiano e dalla preghiera… Questo è quel che abbiamo provato noi membri della pattuglia “Pattuglia” durante la nostra prova per affrontare lo scoglio dell’irreligiosità per il Challenge di distretto. Le consegne erano chiare ma inusuali: “Riflettere attentamente sul senso del tempo, fare un’esperienza concreta del passare del tempo scandito dalla preghiera, trascorrendo una giornata all’interno di un monastero” Ad un primo sguardo sembrava un modo di veder le cose e di vivere molto diverso dal solito, ma senza preoccuparci troppo ci siamo incamminati. Una riunione di pattuglia per dare un nostro significato alla parola “Tempo”, che sembra così grande e terribile, un paio di telefonate ed eccoci catapultati nel monastero cistercense di Casamari. Il monastero contava nove monaci effettivi e 5 novizi. Già dall’accoglienza ci siamo resi conto di esser entrati in una nuova dimensione, infatti il monaco incaricato di accoglierci non era presente, e così siamo stati catapultati in un batter d’occhio in un sereno silenzio. Dopo poco abbiamo compreso che l’unico modo per sopravvivere lassù fosse armarsi di pazienza, per rispettare e poi comprendere i ritmi del monastero. La vita per i Cistercensi che seguono la Regola Benedettina è all’apparenza semplice, il tempo della giornata è compreso e scandito dalla preghiera. Questo vuol dire che il nostro primo suono emesso al mattino è stato l’ufficio delle Letture alle 5:15 del mattino e l’ultimo la Compieta alle 21.00! Così è suddivisa completamente la giornata, l’ora Terza, la Sesta, la Nona, tutti momenti di preghiera comunitaria. Ogni mattina inoltre si ascolta una parte della Regola che ricorda ad ognuno i propri doveri verso Dio e verso la comunità. Proprio fra queste “Ore” si svolge il secondo compito dei monaci: il lavoro. Appare strano vedere come per i monaci ed i novizi non ci fosse distacco tra il momento del Signore e le varie occupazioni della giornata; ad ognuno è affidato un compito nella gestione dell’orto, della cucina, degli animali, del magazzino, del vigneto, della scuola. A noi è capitato di ripulire il pavimento della Chiesa gotica di san Giovanni, imbrattato dalle candele della notte di Pasqua. Ci sembrava un servizio marginale, ma in questa occupazione i monaci che ci sono stati accanto ci hanno mostrato che non pensavano affatto di essere meno utili. Il motto “Ora et labora”, che tanto spesso abbiamo sentito dire, fra quelle mura di mattoni umide ed antiche e i viali ricoperti di verde, aveva un vero significato. Non era necessario osservare spesso l’orologio per sapere che ora fosse, perché non c’era fretta per cui correre da nessuna parte! Certo, gli orari dei pasti erano rigidi e veloci ( abbiamo cronometrato 15 minuti di pranzo!), anche i tempi per dormire erano a dir poco inusuali per noi, ma trovandosi in quelle situazioni capivamo che non c’era più alcun motivo di correre per scappare da qualche parte. Ogni attività aveva il suo tempo, si faceva tutto il possibile, poi al momento di pregare ci riunivamo tutti nell’abside della chiesa , su antiche sedie di legno a ringraziare il Signore. Non è stato quindi difficile trovare del tempo per fermarsi e riflettere. Abbiamo visto come il tempo trascorso fra quelle mura sembrasse diverso da quello esterno, come se fosse di migliore qualità. Lì abbiamo notato le grandi differenze dal “tempo” che immaginavamo noi e quello di lassù: in città eravamo stretti dai nostri impegni e preoccupazioni e la monotonia rendeva vuote alcune nostre giornate, più di tutto risaliva il timore della morte. All’interno del monastero abbiamo visto le nostre preoccupazioni a volte futili, abbiamo visto persone che con dedizione impegnano la propria vita sconfiggendo la routine comune. Solo alla fine abbiamo capito una parte del senso delle giornate dei monaci. Anche loro ripetono ogni giorno le stesse cose, ovviamente con una spiritualità molto diversa dalla nostra, ma questa rigidità dei loro giorni ha un senso: come insegna San Benedetto c’è bisogno che all’esterno tutto rimanga uguale perché qualcosa cambi nella nostra vita interiore. I monaci fanno questo, mantengono rigidamente lo stesso ritmo per tutta la vita, nello stesso luogo, così percorrono il loro cammino spirituale. È un modo di certo diverso dal nostro di affrontare il tempo, ma interessante e affascinante, soprattutto per noi che corriamo ogni giorno da un posto all’altro! Nel silenzio della nostra riflessione abbiamo scritto questo…
Preghiera sul tempo
O Santo Benedetto,
ispirandoci attraverso la vita dei monaci cistercensi,
insegnaci un po’ della tua sapienza sul tempo.
Impedisci di farci cadere
nella noia ripetitiva della nostra routine,
ma permettici di trovare nel silenzio
la pace per continuare il nostro percorso.
Intercedi per noi affinchè,
come per la comunità di monaci,
non viviamo il tempo come una schiavitù,
ma come un dono da vivere a pieno;
per liberarci dalle nostre preoccupazioni
e ottenere un po’ di questa serenità
nei pensieri, nei gesti e nelle azioni.
Sarà così una vita vissuta con coraggio tale
da vincere la paura e servire fino all’ultimo istante.
Alessandro
Clan Orsa Maggiore – Roma 2
a cura di Giacomo Giovanelli