Essenzialità, questa è stata la parola maestra che ci ha guidati per tutti i sei giorni trascorsi in alta montagna sulle Orobie bergamasche, tra laghi alpini, passi rocciosi e panorami mozzafiato.
Essenzialità. Una parola affascinante, una parola che non va più molto di moda, ma un termine che racchiude molto bene il significato del roverismo e della strada.
Finito il periodo di quarantena, noi del Clan di Albino (BG) ci siamo subito incontrati per rendere possibile lo svolgimento del campo mobile già in programma per i primi di agosto in totale sicurezza. Ad essere sinceri, inizialmente erano più i problemi che le basi solide da cui poter partire, soprattutto perché la nostra provincia è stata molto colpita dal virus ed eravamo ancora titubanti e spaventati.

Venendo al punto, il problema principale era quello di garantire il distanziamento durante tutta la giornata e soprattutto durante la notte. Nelle ore diurne abbiamo optato per tenere le mascherine il più possibile (anche mentre si cucinava) e toglierle solo durante il cammino. Se trovare una soluzione per il giorno potrebbe sembrare facile, trovarne una per la notte è tutt’altra cosa. L’idea iniziale e più immediata è stata quella che ognuno si comprasse una propria tenda, singola o doppia, in modo da dormire separati, ma questo stratagemma prevedeva grandi costi da sostenere per il Clan e… non è nel nostro stile.
Così, guidati dall’essenzialità e dall’intuito del nostro aiuto capo Clan abbiamo deciso di progettare dei rifugi autoportanti che necessitassero di un solo telo impermeabile e di un bastone (facilmente reperibile anche in alta montagna) in modo da non essere condizionati né dalla presenza di alberi né dalla grandezza del prato (i rifugi occupano davvero poco spazio), tutto ciò contenendo molto i costi della nostra cassa. Il progetto consiste nel piantare un bastone a terra, da esso far partire in avanti due fili di rafia lunghi poco più di due metri precedentemente legati al palo con un’asola, mentre dietro bisogna solo tirare il filo a terra per rendere stabile la struttura. Prima di mettere il telo sul bastone si consiglia l’utilizzo di un panno per fare meno attrito tra il bastone e il telo.
Per costruirlo ci vuole davvero poco tempo e poco materiale, rivelandosi anche molto valido contro le intemperie. L’unica pecca che abbiamo trovato è stata la troppa umidità che si creava nel telo.
Con grande semplicità e fantasia siamo così riusciti a creare dei rifugi che ci hanno permesso di trascorrere un intero campo mobile di sei giorni anche in quest’anno così particolare.
Non so se le misure prese siano state eccessive o no, quello che mi sento di dire è che noi capi e aiuto dobbiamo essere sempre i primi a dare l’esempio, lo dobbiamo ai bambini e ai ragazzi che frequentando gli scout ci vedono come punti di riferimento. Da scout siamo chiamati a rispettare sempre le regole, sia quando ci piacciono, ma soprattutto quando sembrano molto restrittive.
In conclusione, si può dire che l’essenzialità di questo campo ci ha permesso di sentirci più parte del creato e anche più amati, lo
svegliarsi con la rugiada del prato sugli occhi ci ha fatto assaporare di più la strada, le fatiche per raggiungere la meta e piantare
il proprio telo nella speranza di resistere alla tempesta ci hanno fatto diventare più fratelli e più una comunità.

Giovanni Mazzucchi

a cura di Giacomo Giovanelli