Ciao Ragazzi! Preparatevi a ricevere un pugno nello stomaco, di quelli metaforici s’intende!
Siete pronti?
Avete mai sentito parlare di “consumismo relazionale”? Si tratta di una cosa che, come direste voi: “Bene, ma non benissimo!” Anzi, proprio male male, aggiungo io.
Quante volte ce lo siamo detti, anche in questa rubrica: ogni giorno, in ogni momento veniamo ormai letteralmente
bombardati da comunicazioni e messaggi di ogni tipo, che ci dicono come potremmo/dovremmo vivere, vestirci, cosa mangiare, cosa ci può rendere felici, cosa significa avere successo! Amici ne abbiamo potenzialmente tantissimi, insieme ad infinite conoscenze… si trovano tutti su Facebook, o su Instagram e non possiamo vivere senza di loro, anzi; sono assolutamente necessari per sentirci amati… e poi più ne hai e più hai l’impressione di essere popolare, altrimenti non sei nessuno. Però è anche vero che quando hai bisogno di fare una chiacchierata sincera, di vedere di persona qualcuno per confrontarti su qualcosa di importante per te o di stare in compagnia di qualcuno di cui tu ti possa veramente fidare, tra queste “mille mila” persone difficilmente trovi qualcuno disponibile… non c’è nessuno.
Beh vi svelo una ovvietà: tutto questo ci rende profondamente infelici e ci spinge a trattare con modalità consumistiche la nostra sfera affettiva. È bene che noi sappiamo che siamo già dentro a tutto questo, senza neanche aver avuto modo di accorgercene. Infatti l’infelicità delle persone è un fattore molto potente; in passato ci sono state rivoluzioni che hanno cambiato il mondo ed il suo modo di concepirlo, frutto dell’infelicità delle persone e questa “potenza dell’infelicità” chi deve vendere qualcosa la conosce bene: nel marketing ti insegnano che non c’è migliore consumatore di un consumatore profondamente infelice.
Cosa vuol dire allora consumismo relazionale?
Semplicemente che con l’uso scorretto di determinati strumenti che abbiamo a disposizione, impariamo a non amare più le persone, ma ad usarle.
Se ci pensate bene, come siamo ormai abituati ad agire con le cose? Ne compriamo molte, spesso e volentieri cose che non ci servono realmente, di conseguenza ne sprechiamo anche tante e quando ce ne rendiamo
conto le buttiamo, magari differenziandole, per carità.
Se ci accorgiamo che qualcosa che abbiamo comprato non è perfetto o esattamente come lo desideravamo, semplice: lo eliminiamo. Peccato che stiamo imparando a fare esattamente la stessa cosa con le persone: ne “collezioniamo” tante, magari persone mai viste, ma che abbiamo come “amici” sui social e quando qualcosa non va, le ignoriamo, le blocchiamo, le segnaliamo, gli togliamo l’amicizia. Negli ultimi tempi è in aumento il fenomeno del ghosting… fate una ricerca sul web ed andate a leggervi di cosa si tratta.
Lo abbiamo detto (scritto) molte volte: questo non vuol dire che il web o i social siano il male assoluto, ma sicuramente molto dipende dall’uso che noi ne facciamo! Innegabile, però, è il fatto che l’uomo di oggi è portato ad avere relazioni usa e getta.
Allora sarà bene farsi qualche domanda… che ne dite?
Perché ci comportiamo in questo modo?
Forse, per via del mondo che ci circonda, siamo insicuri e questo ci porta a rinchiuderci in noi stessi, senza “sporcarci le mani” per davvero nelle relazioni con gli altri?
Forse abbiamo paura di aprirci agli altri, per paura di soffrire?
Forse nessuno ci insegna più come ci si rapporta in modo sano all’altro?
Forse perché costa fatica e fare fatica non è tanto comodo?
Ma sì, in fondo chi me lo fa fare di alzarmi, vestirmi, prendere la macchina (spendendo anche dei soldi per la benzina che consumo) e perdere del tempo per andare a parlare con un amico che in quel momento ha proprio bisogno di me. Meglio scrivergli su WhatsApp…veloce, gratuito. Meglio fermarsi alla superficie delle relazioni senza andare in profondità; ascoltare l’altro, cercare di comprenderlo, riflettere insieme a lui e consigliarlo, o magari perdonarlo guardandolo negli occhi… che fatica!!! Mica ho tutto questo tempo da perdere. E poi c’è Messenger per queste cose. Il mio amico mi serve solo per poter giocare a calcetto quando mi manca una persona per arrivare a dieci; la mia amica mi serve solo per accompagnarmi a comprare il ventesimo vestito alla moda (che lei magari non si può permettere) e per gratificarmi dicendomi quanto sono “top” nel momento in cui lo provo. Nelle nostre relazioni, non c’è più posto per le persone, ma solo per ciò che sono in grado di darci.
In fondo è comprensibile… anche volendo, come faccio ad essere veramente amico delle 7000 persone che mi seguono su Instagram? Non mi basterebbe una vita intera! Quindi meglio condividere un post e ognuno
per conto suo mette “mi piace” …ahhh che gratificazione!!!
530 “mi piace” sotto l’ultima foto da me condivisa mentre faccio l’aperitivo in un locale cool!!!
Il vecchio non è sempre necessariamente meglio! Però è bene sapere che c’era un tempo in cui le foto, una volta scattate, andavano portate a far sviluppare. C’era un rullino dentro una macchinetta (che faceva solo ed esclusivamente foto) e avevi 24 possibilità di scattarne una bella. Ora il tuo cellulare può contenerne migliaia, puoi vedere subito come è venuta una foto e condividerla istantaneamente. Oggi, è evidente, abbiamo tutto e subito, prima bisognava aspettare del tempo, ma era proprio questa attesa che dava valore. Dico questo non perché sia necessario o voglia tornare indietro a ieri, ma per vivere meglio e più consapevolmente l’oggi! La digitalizzazione di oggi ci consente di avere tutto e subito; tutto, tranne l’essenziale. Insomma, credo che sia dovere di un Rover o di una Scolta riflettere su tutto questo e poi decidere come voler condurre la propria canoa, tenendo sempre ben presente una verità: il web è bello, ma bisogna saperlo usare.

Buona Strada

Emanuele Porcacchia