La fede e la preghiera sono questioni che ci pongono davanti a delle domande che spesso, per pigrizia o per spavento, ci facciamo, ma poi lasciamo senza risposte. Noi come scout nel nostro percorso abbiamo deciso di affrontare ed approfondire tutto ciò, nella speranza che il tempo che vi abbiamo dedicato e che vi dedicheremo sia fertile e solo l’inizio di una crescita continua che ogni persona potrebbe e dovrebbe fare durante la sua vita da cristiano.

Giorno 15 Febbraio 2014 noi Rover e Scolte del gruppo scout FSE Pergine 1, ci siamo recati al monastero delle Clarisse di Borgo Valsugana. Siamo stati accolti in una sala per le conferenze da una di queste: Suor Chiara Costanza che ci ha dato delle dettagliate informazioni, rispondendo anche a delle domande. In primo luogo ci ha spiegato cosa vuol dire il termine CLAUSURA: uno spazio chiuso per il ritiro religioso con delle regole sull’entrata ed uscita dei religiosi e dei visitatori. Lei ha spiegato che la vita all’interno del monastero è completamente contemplativa, le preghiere cadenzano tutta la giornata. Per rendere possibile che le orazioni siano fatte al meglio le suore hanno bisogno di solitudine, silenzio ed un luogo appartato: le tre caratteristiche di un monastero di clausura. L’incontro con Suor Chiara Costanza, sorella del monastero delle clarisse di Borgo Valsugana, è stato per noi molto importante per iniziare ad avvicinarci al tema della preghiera. Altre due figure che ci hanno accompagnato durante tutto il confronto sono state Maria e Santa Chiara, che con la loro storia danno prova della forza della preghiera. Emblematico l’episodio, che tutti conosciamo, dell’Annunciazione nel caso di Maria per capire che la preghiera non è altro che momento di dialogo e ascolto reciproco con il Signore. Maria in un momento di preghiera e quindi di ascolto, ha saputo di diventare madre del figlio di Dio e ne ha accettato la sua volontà. Noi tutti nel momento in cui decidiamo di ritagliare uno spazio del nostro tempo per una preghiera dovremmo essere consapevoli di ciò: siamo sempre molto bravi a fare qualsiasi tipo di richiesta al Signore, specie nei momenti che ci vedono in difficoltà o non particolarmente felici, ma, raramente se non mai, ci ricordiamo di metterci ad ascoltare ciò che ci viene “detto in intimità”. Egoisticamente poi pretendiamo che tutto quello che chiediamo venga esaudito, e talvolta, in un certo senso, quasi ci arrabbiamo, ce la prendiamo se ciò non avviene,
dimenticando ancora una volta un altro aspetto fondamentale della preghiera: lasciare che sia la volontà del Signore ad essere fatta, non necessariamente la nostra. Quante volte alla fine della preghiera recitiamo le parole “sia fatta la tua volontà” ma sovrappensiero e senza darci davvero peso? Ed è proprio qui che “entra in gioco” l’esperienza di Santa Chiara, che grazie alla sua devozione ed alla fiducia che riponeva in Dio ha salvato la città di Assisi dagli attacchi dei barbari oltre che aver dato vita all’ordine delle Clarisse.
La preghiera è piena di forza e di energia. Le parole e gli occhi di suor Chiara Costanza che parlava della sua esperienza personale ce ne hanno dato la prova e la conferma. Da ammettere però è che, di primo impatto, noi ragazzi alle parole della suora siamo rimasti un po’ sgomenti. Sicuramente una scelta di vita di questa portata non è facile da capire, lasciare che la propria vita venga coinvolta in ogni spazio dalla devozione per il Signore significa stravolgerla completamente: significa donare amore in un modo considerato insolito se rapportato alla nostra società basata prevalentemente sull’io e in cui “l’altro” lo ricordiamo solo nell’eventualità in cui avanzi qualcosa. In realtà questa potrebbe essere considerata la forma d’amore più pura e universale.
Donare se stessi in tutto e per tutto per gli altri, per i fratelli poiché tutti indistintamente siamo figli di Dio, pregare per qualcosa che non ci tocca personalmente e che magari non conosciamo nemmeno è dimostrazione di bene e amore assoluti. Abbiamo chiesto poi alla sorella come ha ricevuto la vocazione. Ed ella ha risposto dicendo che da giovane, mentre stava facendo volontariato nelle strade di Roma, un senzatetto le ha domandato il perché lei lo aiutasse, e lei sorpresa da questa domanda rispose perché gli voleva bene. E questo “volere bene” ha voluto poi rivolgerlo a tutta l’umanità con la decisione di fare della sua vita una preghiera per abbracciare il mondo. Infine la suora è stata interpellata con una domanda rispetto ai dubbi che lei ha avuto durante il suo cammino. E lei ha replicato affermando che una vita senza titubanze è impensabile e che è umano avere delle perplessità, che ha vissuto anche lei ma che grazie alla preghiera e all’aiuto delle altre sorelle ha riconosciuto come tentazioni e resistendovi è molto felice e soddisfatta della sua scelta di vita.
Salutata e ringraziata la sorella, abbiamo voluto proseguire questo nostro cammino seguendo le orme lasciateci da San Francesco che, abbiamo scoperto e capito essere una figura perfettamente contestualizzabile ai nostri tempi. Leggendo degli estratti ricavati dalle Fonti Francescane egli risulta essere un giovane come tanti dei nostri giorni: allegro, generoso, che amava stare con gli amici e fare festa, cresciuto in una famiglia di commercianti dove soldi e successo erano tutto, all’interno di un contesto in cui vanità e aspetto fisico erano principi ben fondati. Aveva le tasche sempre piene ma ad un certo punto si rese conto che ciò che lui faceva non era realmente vivere: si fermò a riflettere e si sentì soffocare, solo allora decise di cambiare la sua vita e dedicarla ai poveri e bisognosi. Ha avuto coraggio. E noi giovani d’oggi abbiamo coraggio? No. Risposta immediata e sì, scontata. Pensiamo ai nostri giovani, vivono in un contesto simile a quello di Francesco: si divertono, non hanno poi così tanti pensieri, amano stare in compagnia e, per usare un termine attuale, cercano lo sballo, hanno tutte le possibilità e le comodità possibili e immaginabili, hanno la libertà.
Detta così, sembra ed è una banalità, un luogo comune ormai; ma andiamo un po’ più a fondo. Il contesto in cui sono catapultati fa sì che la libertà che tutti hanno sia rassicurante ed allo stesso tempo spaesante: sono parte di una massa in cui si confondono molto facilmente ed allo stesso tempo sono convinti di avere una personalità affermata, ma è davvero così?
E se in effetti è così e tutto va bene, allora perché fare fatica per cambiare o emergere? Ad oggi si tende a dare tutto per scontato, non piace farsi domande o fare il punto della situazione sulla propria vita. Spesso invece che vivere, semplicemente, ci si adagia. Discorso un po’ diverso è quello che riguarda la fede ed il rapporto con Dio, ad oggi argomento abbastanza critico. Dalle nostre discussioni è uscito che la fede, per noi ragazzi tra i 16 e i 25 anni, va oltre il momento cardine della vita cristiana (la messa), ma viene vista più come un qualcosa che riguarda il rapporto con l’altro/con il prossimo oltre che come insieme di valori e linee di comportamento propri di una cultura. Due giornate intense di riflessione, confronto, discussione e approfondimento, non capita tutti i giorni di viverle a dei ragazzi come noi che dal piccolo della nostra esperienza abbiamo iniziato a mettere in gioco noi stessi, ed abbiamo portato a casa molti spunti per migliorarci e trovare quel coraggio che San Francesco per primo ha avuto.

Articolo di IRENE GENETTI e ALESSANDRO SITTONI con fotografie di STEFANO COVI
(Clan e Fuoco di Pergine 1)

a cura di Elena Bratti e Giacomo Giovanelli