Uno dei lussi della vita moderna è un rapporto assurdo con le medicine. Tipo gli spot delle pillole per mangiare troppo senza trovarsi con la pancia gonfia, subito prima di qualche servizio sulle carestie in Africa. Oppure l’abuso dei farmaci che una ragione d’esistere, ce l’hanno. Lo sapevate che il consumo dei farmaci, fra bambini e adolescenti italiani è ufficialmente “elevato, con esempi di uso non sempre corretto e appropriato?” (vedi link)
Evitare l’abuso di farmaci (che non significa affatto trascurare la propria salute!) è un altro di quei modi di essere Custodi di sè stessi di cui parlavamo nel numero scorso. Spero che sia talmente chiaro che ne avrete già parlato in Clan e Fuoco, perché stavolta voglio presentarvi l’altra faccia di questa medaglia, ancora troppo poco conosciuta: consumare e “far consumare” (nel senso che vedrete fra poco) troppi farmaci non causa seri problemi solo a sè stessi, ma anche all’ambiente e a tutta la società.

Trenta pillole, lascio?

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Figura 1

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Figura 2

La figura 1 mostra le medicine in Italia e tanti altri paesi: confezioni tutte uguali, fatte in fabbrica.
La figura 2 mostra come si prendono le stesse medicine (almeno) negli Stati Uniti: se il dottore ti scrive sulla ricetta che devi prendere tre pasticche al giorno per sette giorni, il farmacista prende VENTUNO pasticche dal suo barattolone, le mette in una boccetta con il tuo nome e via. Ventuno ne paghi, ventuno ne prendi, zero ne sprechi.
Questo non protegge solo salute e portafoglio del singolo paziente. Ogni anno in Italia vengono buttate, perché scadute o ormai inutili, il 20% delle medicine acquistate. Parliamo di centinaia di milioni sia di confezioni di farmaci, sia di Euro, in buona parte pubblici, ogni anno: una montagna di rifiuti evitabili e uno spreco sempre meno tollerabile in questi tempi di crisi.
Certo, almeno con gocce o pomate un minimo di spreco è inevitabile, nè si può pensare a un qualche “mercato dell’usato”. Farmaci conservati chissà dove, chissà come (magari si son scaldati troppo), chissà da chi? No, grazie. Però di possibilità per ridurre questi rifiuti e sprechi ce ne sono tante, oltre all’eventuale vendita di pillole sfuse. Informiamoci (vedi link), e chiediamo che vengano attuate!

Pesci nevrastenici…

Magari fossero solo i farmaci inutilizzati a inquinare. Avete mai pensato a dove vanno a finire gli altri, cioè quelli che ingoiamo o applichiamo al nostro corpo in un modo o nell’altro? Risposta: in gabinetti o altri scarichi e da lì nell’acqua che beviamo o usiamo per coltivare o allevare bestiame. Citando a caso dai vari link dell’elenco, sappiamo già di:

• tracce di “antibiotici, antitumorali, antinfiammatori, diuretici… anticolesterolo” nelle acque (anche potabili) della Lombardia (e temo che le altre Regioni non stiano molto meglio)
• forte aggressività o danni al sistema riproduttivo nei pesci esposti ai principi attivi di certi antidepressivi o ansiolitici o all’ibuprofene (un antidolorifico da banco)
• danni anche più seri, in pesci e anfibi, causati da estrogeni e simili, contenuti nelle pillole anticoncezionali e in altri farmaci a base di ormoni.

Il bello, si fa per dire, è che quasi tutta questa roba arriva nei mari attraverso la nostra urina. Qui non c’è raccolta differenziata che tenga. Servono nuovi depuratori, farmaci con meno effetti collaterali, disponibilità a pagarli un po’ di più e (di nuovo) impegno a prescriverli e usarli solo quando serve davvero.

…mucche impasticcate

Crisi o no, oggi possiamo ancora mangiare carne di tutti i tipi molto più spesso dei nostri genitori anche grazie ai farmaci. I grandi allevamenti industriali di mucche, maiali e polli tengono bassi i costi ammucchiando tantissimi animali, in pessime condizioni igieniche, in pochissimo spazio. Tanto poco che, per non perdere tutti gli animali per malattia, sono praticamente costretti a imbottirli di antibiotici, nel mangime o direttamente con iniezioni, come nel collage di Figura 3. Negli Stati Uniti pare che gli antibiotici dati al bestiame siano il QUADRUPLO di quelli che prendono gli americani umani. Noi probabilmente stiamo messi meglio, ma solo relativamente.
E in ogni caso, che sia il quadruplo o un decimo, tutti quegli antibiotici sempre in uno stomaco umano finiscono, prima o poi.

 

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Figura 3

…e antibiotici in scadenza

Gli antibiotici sono sostanze “capaci di determinare la morte dei batteri”, e quindi eliminare le infezioni altrimenti causate dal loro ingresso nei nostri organismi.
Questa è una cosa talmente grande che è difficile apprezzarne subito la portata. “Eliminare le infezioni” non significa solo non morire più di “fesserie” come sbucciature o faringiti, che è già una benedizione.
Senza antibiotici non avremmo trapianti, dialisi, parti sicuri, certe terapie anticancro e molte operazioni chirurgiche. E nemmeno hamburger in offerta, ovviamente.

Forse a questo punto avrete già capito qual è il problema grosso. L’uso che stiamo facendo oggi tutti, cioè come società e anche attraverso gli animali, di antibiotici e tanti altri farmaci non è soltanto un enorme spreco di denaro e un notevole inquinamento ambientale. Usare antibiotici come fossero acqua fresca li sta rendendo sempre meno efficaci.

Più antibiotici prendiamo, o più compriamo animali imbottiti di antibiotici, più velocemente alleviamo batteri capaci di resistergli. Ad aprile 2014 l’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato che, proprio per questo motivo (vedi link) “Senza un’azione urgente malattie curabili saranno di nuovo letali”.

Che facciamo?

Continuare così non è sostenibile. Vivere con la medicina di due secoli fa nemmeno. A voi la parola. Il prossimo numero dei Custodi conterrà le migliori risposte di Clan e Fuochi alla domanda “Secondo voi, quali sono le tre cose migliori e/o più urgenti per affrontare questo problema?”

Fonti e risorse online
Sperimentazioni e abusi dei farmaci:
Sprechi e gestione rifiuti farmaceutici:
Inquinamento da farmaci:
Antibiotici e Superbatteri:
Marco Fioretti