#SFIDE: Lo scoglio del vino

B.-P. scrive pagine e pagine ne “La strada verso il successo” su questo scoglio, eppure, ogni volta che lo rileggo ci ritrovo qualcosa che mi riconduce alla nostra attualità e penso quanto non si possa chiamare datato un manuale come questo. Nonostante  mi  confronti  con  questo pensiero mi rimane comunque difficile parlare di questo punto, in quanto provengo da una regione dell’Italia centrale, e  nel nostro piccolo paese  abbiamo  una  concentrazione  di economia agricola, che gira molto sulla produzione del vino. Abbiamo la seconda sagra dell’uva più antica d’Italia, e ogni anno turisti vengono ad assistere alla gara della pigiatura dell’uva, vengono a vedere la sfilata dei carri allegorici dove le contrade, in gara tra loro, allestiscono dei vecchi rimorchi su dei miti dell’era passata o su argomenti recenti, e ci imbastiscono una storia, che guarda caso, finisce sempre bene, perché poi non si sa come, in queste fantomatiche fiabe ci finisce sempre un buon bicchiere del nostro vino e tutta la vicenda prende un’altra piega. Mi crederete se aggiungo che a questo piccolo palco di tradizioni il contorno è il mangiare ed il bere, quindi spesso succede che una forchettata di quella buona pietanza attira verosimilmente anche un bicchiere, ma visto che poi a questa festa attira tante persone che magari non vedi da una vita, potrete facilmente dedurre che tutto finisce a tarallucci e vino, anzi i tarallucci li escluderei proprio! Sono stato adolescente anche io ed in tutto il trambusto di emozioni di pulsioni e di passioni, in mezzo a tutto questo ci è passato anche il vino, chiaramente. Ho volutamente scritto questa abbondante premessa perché è giusto che si capisca chi è che scrive, ma la riflessione che desidero nasca in chi legge è in un’altra direzione. Troppe volte sento dire: “ma dài, prova, che ti costa, che vuoi che ti succeda…”, ecco questo è l’inizio giusto per compiere azioni sbagliate, ma errate non nel senso della proprietà del bacchettone, ma solo per il fatto che non sei tu a decidere, non sei tu a scegliere. L’abbandono, innanzi tutto, lo considero al fatto che ci si può abituare a non compiere l’atto della scelta, cosa importantissima che una volta imparato come si fa, ce la portiamo dentro per tutta la vita. Esagerando, ma se ci si pensa bene, neanche più di tanto, di fronte ad una scelta si potrebbe azzardare a compiere un inchiesta-capitolo-impresa se ciò che si sta facendo è frutto di una nostra scelta. Lo so benissimo che attuare ciò che sto scrivendo diventerebbe impossibile, o quantomeno uno farebbe tanta fatica che poi si accorgerebbe che scegliere bene, cioè per se stessi, per ciò che si vuole veramente, diventerebbe alquanto improbabile. Scrivo volutamente in questa maniera contorta, o se si vuole meglio specificare, scrivo in un modo possibile che si avvicina a quante valutazioni fa il nostro cervello quando si trova a scegliere possibili soluzioni in merito ad un azione da svolgere. Quando si è sbronzi, di solito, tutto il procedimento sopra descritto non accade, a domanda si risponde… Attenzione, per sbronza, non intendo solo per ciò che concerne l’uso di alcool, va bene anche per tutte le droghe, va bene anche per la mal gestione degli affetti, va bene per chi vive solo di pulsioni, va benissimo per chi sceglie facilonerie. L’assenza di scelta produce comunque un risultato, alcune volte parta bene, altre volte produce effetti indesiderati. Già, che ti aspetti che una non scelta non produca nessun risultato? Visto che così è, consiglio vivamente di valutare bene cosa ci propone il Roverismo, le leve su cui poggia, la linea che ci mette dentro per seguire non chissà chi, ma noi stessi, ciò che noi siamo veramente, e se crediamo che il frutto di noi stessi deriva dall’amore di Dio, allora spero che abbiate capito bene quanto  vale  la pena  giocare questo gioco.

Lorenzo CaccianiVice Commissario Nazionale Rover

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Posted in 2013, 5/2013, Annualità, Articoli, Giocare il Gioco