Stefano Bertoni
Molto spesso, interrogandoci sul nostro rapporto con le leggi e le istituzioni e con il rispetto delle stesse, ci può capitare di riflettere e di pensare fino a che punto questo deve rappresentare per noi un punto irrinunciabile. Tra i tanti temi che possono essere correlati alla questione del rispetto delle leggi uno di quelli ai quali forse siamo più sensibili è, senza dubbio, quello del pagamento delle tasse. In una ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, su un campione di duemila studenti italiani delle scuole secondarie di 1° grado, si è cercato di capire quale sia il pensiero dei più giovani a tale proposito: alla domanda “Non pagare le tasse è un reato grave?” il 68% degli studenti delle scuole medie ritiene di sì, ma il restante 32% mostra un atteggiamento decisamente più morbido nei confronti dell’evasione fiscale, che giudica in alcuni casi un comportamento ammissibile. La tolleranza verso l’evasione fiscale trova dunque proseliti anche tra i giovani.
Secondo gli autori dello studio, i fattori che si accompagnano a una percezione “giustificazionista” dell’evasione fiscale sono la scarsa alfabetizzazione finanziaria, la mancata consapevolezza delle conseguenze legate all’evasione fiscale, l’esposizione a comportamenti devianti da parte degli adulti, ma anche l’accentuato materialismo e l’indifferenza per il prossimo.
La lettera pastorale pubblicata qualche anno fa dal Vescovo di Andria Raffaele Calabro si presenta ancora oggi come un interessante documento ricco di punti e illuminante a tale proposito. Nella sua lettera Mons. Calabro sottolinea come se è vero che da un lato “La città degli uomini non è l’unico orizzonte del bene comune (cfr. Evangelii Nuntiandi 32), lo è invece la prospettiva del bene comune, interpretato alla luce della fede e che mette al centro la persona, che ci offre un quadro utile alla valutazione delle approssimazioni al bene comune, che nella città sempre provvisoriamente si tentano, ed al quale le istituzioni e le organizzazioni della politica concorrono”.
Il vescovo di Andria ricorda come la Dottrina sociale della Chiesa metta in evidenza il fatto che “Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun gruppo del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno esso deve rimanere comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo,accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro”.
Possono sembrare concetti astratti, ma scavando nella nostra singola realtà potremmo trovare molteplici esempi di come l’attenzione al bene comune e non solo al nostro interesse particolare possano trovare una traduzione concreta a livello di comportamenti, molto semplici ma estremamente significativi. Quante volte magari per il desiderio di risparmiare qualche cosa alla domanda “a nero” o “con fattura” la tentazione di propendere per la prima soluzione si fa avanti prepotentemente: eppure molto pochi hanno la percezione di come un atto di questo tipo costituisca un danno per la collettività.
Recentemente a proposito di questi temi è intervenuto lo stesso cardinal Bagnasco che, nel corso della prolusione con cui ha aperto ad Ancona i lavori del Consiglio Episcopale permanente, ha sottolineato come “la crescente allergia che si registra nei confronti dell’evasione fiscale é un segnale positivo, che va assecondato” poiché ‘’adesso più che mai è il momento di pagare tutti nella giusta misura le tasse che la comunità impone, a fronte dei servizi che si ricevono. Bisogna snellire e semplificare, ma nessuno è moralmente autorizzato ad autodecretarsi il livello fiscale’’.
Se, di fronte alle quotidiane tentazioni alle quali da questo punto di vista siamo sottoposti (l’esempio “a nero” o “con fattura” serve a capire come la questione non riguardi la semplice dichiarazione dei redditi ma la totalità dei nostri comportamenti), ci domandassimo quanto il diffondersi della cultura del rispetto delle leggi si potrebbe tradurre in risorse per avere scuole migliori per i nostri ragazzi, servizi sociali più efficienti, città più pulite e vivibili, molto probabilmente riusciremmo a trovare una chiave di lettura importante di cosa voglia dire essere veramente cittadini e membri di una comunità.
A chiusura di questa riflessione riprendiamo la lettera di Mons. Calabro: in essa si porta un efficace esempio di come si debba configurare il nostro rapporto, attraverso il passo evangelico in cui si ricorda come Gesù paghi la tassa per il tempio.
“Venuti a Cafarnao, si avvicinarono a Pietro gli esattori della tassa per il tempio e gli dissero: “Il vostro maestro non paga la tassa per il tempio?”. Rispose: “Sì”. Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: “Che cosa ti pare, Simone? I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli altri?”. Rispose: “Dagli estranei”. E Gesù: “Quindi i figli sono esenti. Ma perché non si scandalizzino, va’ al mare, getta l’amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala a loro per me e per te” (Mt 17, 24-27)