La sfida dell'intereducazione

di Pier Marco Trulli

A quasi quarant’anni dalla nascita della nostra Associazione, una delle scelte educative caratterizzanti, come quella dell’intereducazione, manifesta tuttora pienamente la propria validità ed anzi assume, anche alla luce del dibattito e delle sfide attuali, un valore centrale nella crescita integrale dei nostri giovani.

Intereducazione: troppo spesso vista solo come suddivisione tra settore maschile e femminile, come attività separate, come due realtà differenti e non sempre comunicanti. Con il rischio poi, per rimediare a queste mancanze, di dover cercare a forza attività comuni, tanto per fare, senza una proposta educativa sottostante. Come se l’intereducazione non fosse già in atto nelle attività di branca, nel far crescere in ciascuno dei ragazzi la percezione della propria identità maschile o femminile, nell’imparare a rispettare l’altro/a, nell’apprezzare e valorizzare la differenza sessuale come ricchezza per ciascuno di noi.

Interessanti, in tal senso, i percorsi proposti negli ultimi anni in Consiglio Nazionale, con
l’edizione di un nuovo sussidio sull’intereducazione, e dal Direttivo e dal Commissariato, espressi in particolare nell’ultimo Campo Nazionale Scolte e Rover.

Vedere l’altro come una ricchezza. Accogliere la diversità come un qualcosa che mi completa, che mi rende parte di un tutto più grande, che mi allarga gli orizzonti e che mi fa capire che diverso da me non è necessariamente sinonimo di sbagliato.
Le parole di Giuseppe Montesanto, Commissario Nazionale Rover, riassumono la positività di questo percorso e le potenzialità di un cammino di vera accoglienza dell’altro/a, partendo dalla consolidata certezza della propria identità e ricchezza. In questo senso c’è certamente da lavorare per educare soprattutto i Capi e le Capo ad una corretta interpretazione della proposta associativa.

È necessario educare alla consapevolezza della differenza sessuale, a valorizzare le proprie capacità ed attitudini maschili o femminili, consentendo ai nostri giovani una piena e gioiosa identificazione sessuale.
Questa fase non richiede necessariamente attività in comune tra le branche, anzi è più opportunamente perseguita nel proprio specifico ambito. Un’attività fisica impegnativa, un cammino ben fatto, un gioco sport condotto con sano agonismo: i ragazzi di oggi come quelli di ieri si ritrovano in queste attività.
Così anche un servizio ai più piccoli, un’attività manuale ben fatta, un fuoco di bivacco particolarmente coinvolgente possono costituire momenti importanti per le ragazze.
Ma altrettanto importante è educare al rispetto della differenza sessuale. Cogliere la differenza senza ritenere l’altro/a superiore o inferiore, o ancora mancante di qualcosa, oppure addirittura sbagliato.
Anche qui l’esempio dei Capi e delle Capo è fondamentale per far percepire ai giovani il rispetto, la sintonia, l’empatia tra i Capi. Non c’è bisogno di tante parole, ma di testimonianze autentiche, che facciano capire come il rispetto dell’altro sia stato interiorizzato e la differenza venga vista come una ricchezza e un’opportunità, non come un ostacolo.

Infine, il vero snodo è educare alla relazione nella differenza sessuale. Perché quella che precede è la preparazione, ma senza l’incontro non si cambia veramente, non ci si trasforma, non si realizza il progetto di Dio: uscire da noi stessi per amare/accogliere l’altro/a, superando le normali paure, i pregiudizi, le difficoltà di comunicazione.

Non è bene che l’uomo sia solo: sempre la Genesi ci ricorda una verità semplice ma profonda e piena di conseguenze per la nostra vita. Siamo tutti chiamati, ciascuno nel proprio stato e con le proprie caratteristiche, alla sponsalità. E allora la sfida dell’intereducazione non è più solo una modalità educativa della nostra associazione, quanto uno dei veri e più genuini contributi che questa può dare alla Chiesa e alla società italiana.

Vivere e testimoniare la bontà della creazione, la bellezza e la ricchezza della differenza sessuale, la gioia e lo stupore dell’incontro nel rispetto della differenza può davvero offrire
strade di significato per tanti uomini e tante donne che non riescono a trovarle, imbottigliati in pregiudizi e stereotipi dannosi.

Allora sì che raccogliere la sfida dell’intereducazione potrà essere un percorso fecondo e pieno di gioia per tutti quelli che lo percorreranno, anche a costo di andare controcorrente e di non adeguarsi alla mentalità corrente.

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Posted in 6/2013, Educare al maschile educare al femminile