La promessa del Papa

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“SE PIACE A DIO, PER SEMPRE!”

Nella nostra promessa c’è una dimensione di eternità; si è Scout per sempre. La notizia delle dimissioni del Papa Benedetto XVI, come è successo a tanti fedeli, ma anche a tanti laici, ha lasciato molto perplessi anche noi: si può lasciare un ministero che comporta l’impegno totale della persona, l’impegno di tutta l’esistenza? Se il Papa può andare in pensione, allora si può smettere di fare il vescovo, il prete? Come vive un Papa “non più in servizio”, come accade a tanti nostri capi?
Naturalmente tutti comprendiamo le circostanze particolari che hanno spinto il Santo Padre a ritirarsi, l’età avanzata, l’abbandono
delle forze. E non possiamo certo lasciarci trasportare anche noi dalle chiacchiere dei giornali e delle persone maligne, sempre pronte a ipotizzare chissà quali complotti e intrighi nelle segrete stanze vaticane. La scelta dell’uomo Joseph Ratzinger è semplice e limpida, potremmo dire “leale e cavalleresca”, e da uomini, prima ancora che da credenti, sentiamo di dover esprimere solidarietà e apprezzamento senza discussioni per chi ha saputo con umiltà lasciare il proprio posto ai più giovani, in un mondo in cui nessuno vuole mai scollarsi dal proprio ruolo o dalla propria poltrona. Magari anche qualche capo gruppo, o capo unità della nostra associazione, farebbe bene a prendere esempio dal Papa…
Tuttavia, anche lasciando da parte inutili discussioni e congetture, le domande restano. Una promessa è una promessa, e non possiamo pensare che il Supremo Pontefice abbia voluto suggerire un comportamento arbitrario e superficiale di fronte ad essa. Il padre e la madre di famiglia non si dimettono neanche sul letto di morte. Tutti ricordiamo le parole dell’ultimo messaggio di B.-P., “siate preparati a vivere felici e a morire felici”: in che modo la decisione di Benedetto XVI ci aiuta a mantenere nel cuore questa felicità, e a non abbandonarci alla delusione e all’incertezza?

La risposta non sta solo nella fiducia nel nuovo Papa, che certamente guiderà la Chiesa con maggiore slancio e coraggio, contando sulla maggiore giovinezza: anche per lui verrà il tempo della debolezza finale, e si riproporrà l’interrogativo. Può il capo essere debole e sfiduciato? Ricordiamo allora “l’ultimo messaggio di Benedetto XVI”, le parole pronunciate durante l’ultimo Angelus del 24 febbraio 2013: In questo momento della mia vita il Signore mi chiama a ‘salire sul monte’, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede proprio questo è perché possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui l’ho fatto finora, ma in un modo più adatto alle mie forze. Non sono certo parole di sconforto o di frustrazione, anzi: il papa anziano (più o meno la stessa età di B.- P-, quando concluse il suo cammino in Kenya) ci ha lasciato un messaggio sereno e affettuoso, come di chi è convinto di aver fatto la scelta giusta, di aver fatto la volontà di Dio.

“Salire sul monte”
Prendendo spunto dal Vangelo della Trasfigurazione, Benedetto XVI si è identificato nell’apostolo che il Signore chiama, per condividere l’esperienza della preghiera e dell’intimità con i santi e i profeti, nella sfolgorante luce divina. Questo è il vero senso della promessa: non tanto affermare una propria volontà, ma la disponibilità a rispondere a una chiamata. “Se piace a Dio”, è la chiave per comprendere la promessa: non ci si impegna soltanto ad essere coerenti con se stessi, ma ad essere “sempre pronti” di fronte a una volontà superiore. Come una Coccinella alla fine del suo ultimo sentiero, il Papa è giunto a cogliere la genziana che il Signore gli porge, per lasciare agli altri la gioia che ha conquistato per sé. Come un Lupetto che applica la sua legge, egli non ascolta se stesso, ma ascolta il Vecchio Lupo, che gli chiede di fare un tiro birbone al mondo intero…

Noi tutti abbiamo un problema da risolvere ogni giorno: come fare a capire quello che Dio vuole da noi? Ci aiutano la preghiera, la parola di Dio, i sacramenti e… il consiglio dei Capi e degli Assistenti. Alla fine, c’è sempre qualcuno più in alto a cui chiedere una conferma: il papà, la mamma, il capo e la capo, il parroco, il frate… il Papa non ha nessuno sopra di lui, ha solo Gesù! È il Capo della Chiesa, si consiglia con tutti, ma alla fine tocca a lui dire l’ultima parola: questo è talmente vero, che è stato addirittura definito con un dogma della Chiesa universale (Concilio Vaticano I, 1870); quando il Papa interpreta la volontà di Dio, su questioni che riguardano la fede, non può mai sbagliare, perché è assistito da Dio stesso: lo Spirito Santo è l’Assistente del Papa! Se il Papa si è dimesso, è perché Dio glielo ha chiesto. Quindi non la voglia di riposarsi ha spinto l’anziano pastore, ma la fedeltà alla vera espressione della chiamata. Si fa quello che Dio ci propone, anche quando non lo comprendiamo, non siamo d’accordo, abbiamo altre idee. Ad Abramo Dio chiese di sacrificare il Figlio, a Mosè di guidare il popolo alla Terra Promessa senza entrarvi (la contemplò dal monte), a Gesù di salire sulla croce, anche se non ne aveva voglia (Signore, passi da me questo calice!). Il Papa ci ha insegnato a rispettare il cuore della Legge: l’obbedienza.

“Continuare a servire”

Nelle ultime parole di Benedetto XVI c’è anche una nuova promessa: continuare a servire la Chiesa con la stessa dedizione e con lo stesso amore. Non più “da Papa”, ma da uomo e da cristiano: nella preghiera e nel silenzio, con l’amore e il dono di sé. Il Papa ha finalmente “preso la partenza”, e anche se non ricopre un ruolo, ha imparato l’ideale del Vangelo: il servizio. Come uno Scout che deve portare nella vita i valori che imparato con il gioco, l’avventura e la strada percorsa, anche se si toglie l’uniforme, rimarrà “Scout per sempre”. Il Papa si è tolto la veste bianca, l’anello e la tiara, lasciando che Dio li affidi a chi Lui ha deciso, ma non smette di “fare del suo meglio”. Che il Signore possa ricompensare il suo figlio Joseph, padre e fratello di tutti noi, e dare a ciascuno la forza di seguire il suo esempio: saper amare e servire fino alla fine, senza avere nulla in cambio, se non la vita eterna.

Don Stefano Caprio – Assistente generale

 

Saluto di Papa Benedetto XVI agli Scout d’Europa

In occasione della ricorrenza del centenario dello scautismo, Papa Benedetto XVI nell’udienza del 1 agosto 2007 salutò una delegazione degli Scout d’Europa, guidata dall’allora Presidente Federale Giovanni Franchi. Questo il testo del saluto.

Saluto il gruppo degli Scout d’Europa, che questa mattina con la loro presenza intendono riaffermare la loro partecipazione ecclesiale, dopo aver rinnovato la promessa Scout, che li impegna a compiere il proprio dovere verso Dio e a servire gli altri con generosità. Il mio pensiero si rivolge anche a tutti gli Scout e le Guide del mondo, che rinnovano la loro promessa proprio oggi, giorno in cui cade il centenario dell’inizio dello Scautismo. Infatti esattamente cento anni fa, il 1° agosto 1907, nell’Isola di Brownsea ebbe avvio il primo campo Scout della storia. Auguro di cuore che il movimento educativo dello Scautismo, scaturito dalla profonda intuizione di Lord Robert Baden Powell, continui a produrre fecondi frutti di formazione umana, spirituale e civile in tutti i Paesi del mondo.

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Saluto dell’Associazione a Papa Benedetto XVI

 Roma, 21 Febbraio 2013

Beatissimo Padre,

Le porgiamo umilmente, a nome di tutti i Soci dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici e delle loro Famiglie, i sentimenti di sincera gratitudine, devozione ed amorevole affetto, in questo momento di trepidazione e di prova. Lo Spirito Santo si manifesta in molteplici aspetti e ciascuno di noi, con senso di amore filiale, deve accettare le scelte che il Successore di Pietro opera ed esprime. Domenica prossima, 24 Febbraio, tutti i nostri Gruppi celebreranno

la S. Messa per le intenzioni del Papa e siamo sicuri che tale preghiera sincera, unita alle migliaia e migliaia che sono elevate al Padre Nostro per rafforzare il cuore di Sua Santità, sarà accolta dal Divin Figlio anche per l’intercessione di Maria, nostra Mamma del Cielo. Dichiarandoci sempre devotissime pecorelle del Suo gregge, imploriamo la Sua paterna e desiderata benedizione.

GIUSEPPE LOSURDO, Presidente

DON STEFANO CAPRIO, Assistente Generale

 

…e la risposta della Segreteria di Stato

Dal Vaticano, 27 febbraio 2013

ILSanto Padre Benedetto XVI ha vivamente apprezzato le espressioni di spirituale e orante vicinanza manifestate in occasione della Sua rinuncia al Sommo Pontificato. Egli ringrazia per il premuroso pensiero e, mentre incoraggia a perseverare nella “certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mancare la sua guida e la sua cura” (Udienza Generale 13 febbraio 2013), invoca la celeste intercessione della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, e volentieri imparte la Benedizione Apostolica.

Mons. Peter B. Wells, Assessore

 

Il commiato all’Udienza del 27 febbraio 2013

L’ultimo grande dono

Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di Dio. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che sono risuonate nel mio cuore sono state: Signore, perché mi chiedi questo e che cosa mi chiedi? È un peso grande quello che mi poni sulle spalle, ma se Tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le reti, sicuro che Tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze. E otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. È stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore. Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…». Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere! Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno, con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo! Ma non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è la sua prima responsabilità.

Io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino; il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine.

BENEDETTO XVI

(Estratto del discorso di commiato del 27 febbraio 2013)

Ultimo dono

 

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