La cura delle anime

Michela Bertoni – Vice Commissaria Generale Guide

Se c’è un punto di partenza che motiva il cammino che nell’anno dell’Assemblea Generale viene proposto ai Gruppi, beh… penso che questa sia la risposta.
Questo è il senso del nostro brevetto (in realtà questo impegno è assunto anche dai Capi Unità non brevettati, nella loro cerimonia di investitura), e se vogliamo viverlo con coerenza sappiamo che esso include anche la nostra personale testimonianza e formazione.

I motivi che ci spingono a ritrovarci a oriano sono diversi (anche quelli un po’ più leggeri) sono legittimi, la curiosità per i neo-brevettati, la voglia di re-incontrare di persona i volti di molti, la Cena delle Regioni, ecc) ma quelli fondamentali sono sentirsi parte di una associazione, voler dare il proprio contributo al cammino che questa farà dentro la Chiesa e nel futuro per meglio servire i ragazzi e le ragazze che ci sono stati affidati, ieri come oggi.

Per rendere più fruttuoso questo incontro è sempre stato necessario condividere un percorso preparatorio.

Questa volta esso ci ha visti impegnati noi capi brevettati, le direzioni di gruppo (che oggi spesso sono composte da una percentuale importante di capi non brevettati) e gli R.S. in servizio, a riscoprire la bellezza e la genialità del nostro metodo in uno dei suoi aspetti che certe volte si può dare per scontato: la continuità.

Sarà perché la maggioranza di noi è entrata da Coccinella o da Lupetto, sarà perché qualcuno di noi fa servizio da molti anni e magari sempre nella stessa branca, ma in diverse occasioni abbiamo letto tra i giovani capi la difficoltà di intuire, rispetto ad una attività, quale sia il “prima” che l’ha aiutata ad essere vissuta o il “dopo” per cui è stata proposta.

Che ci sia comunanza di valori, nelle branche, è chiaro: lealtà, senso dell’onore, stile, la ricerca gioiosa del bene, ecc sono valori su cui fa perno la nostra proposta educativa ma… abbiamo mai pensato che i giochi delle coccinelle servono a irrobustire il fisico e l’equilibrio di una giovane donna che domani porterà lo zaino su un sentiero di montagna?
O che la conoscenza della natura potrà instillare il desiderio di custodirla e di preservarla una volta diventati adulti?
Continuare a parlare di questo, guardare a quali sono le esigenze educative a cui con il nostro metodo si può rispondere è un nostro impegno di Capi e Capo scout.

E soprattutto credo sia importante apprezzare il progetto nella sua interezza, in un contesto sociale in cui non si riesce a guardare aldilà della singola esperienza, in cui si vive nella precarietà anche di punti di riferimento fondamentali come la famiglia.

Credere che attraverso un cammino coerente, lungo oltre 13 anni, si riesca davvero a prendersi cura delle anime e a far diventare persone adulte nel fisico e nelle scelte i bambini e le bambine che ci vengono affidati.

La continuità del metodo ci aiuta, con mezzi e strumenti diversi e adatti all’età, a scoprire Dio nella quotidianità di gesti e scelte e nelle buone abitudini, e dall’altra parte abbiamo un Dio che ha un volto profondamente umano che vuole, lui per primo, entrare in relazione con noi.

Questo il senso della scelta di metterci in cammino anche noi con la Chiesa tutta verso il convegno di novembre 2015 “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, chiederci come la metodologia scout può contribuire ad un cammino di conformazione alla persona di Gesù, riscoprire le Beatitudini (le otto punte della nostra Promessa!!!) come un ideale di umanità realizzata e possibile, consapevoli che i “calcoli non bastano e dobbiamo tornare a fare  Eucarestia”.

Ci apprestiamo, oggi che stiamo scrivendo, a verificare la “presa” di questa proposta negli incontri regionali del 7/8 marzo, momenti attorno a cui già si respira aria di attesa e desiderio di confronto, le giuste premesse per continuare a camminare insieme.

Posted in 2/2015, Editoriale