Assisi: sarà un caso che…?

Stefano Bertoni

Ascoltare. In un mondo di frastuono, in cui siamo tutti impegnati a fare sentire la nostra voce non è certo facile. Rumori di fondo, preoccupazioni quotidiane, il nostro io al di sopra di qualsiasi cosa, tutto sembra fatto apposta per impedirci di sentire una voce ch sale dentro di noi e ci chiama.
Le parole di Akela di Italia all’inizio della Rupe sono un invito a fare ciò che di più innaturale c’è nella vita di oggi: ascoltare! Magari dopo esserci chiesti “cosa vuoi che io faccia, o Signore?”, ma con l’animo aperto di chi è disposto a sentire la sua voce e non chi a preconfezionarsi da solo una risposta.

Il colpo d’occhio del cerchio davanti a Santa Maria degli Angeli è molto suggestivo: più di duecento vecchi lupi da tutta Italia che hanno ascoltato il richiamo e si preparano a partire sulle tracce del santo di Assisi, ma anche sulle tracce di una voce e di una presenza spesso trascurata ma che lavora continuamente nel nostro cuore.
Partire verso la città, mentre i luoghi dove Francesco ascoltò la parola del Signore ci scorrono davanti… Partire per strade differenti, ma verso un’unica meta.

C’è una porta da varcare per entrare nella città, ma non è una di quelle porte dietro le quali non sappiamo nulla di ciò che ci attende, dietro la porta ci aspetta qualcuno.
Nella vita non sempre sappiamo cosa ci attende quando attraversiamo una porta, di fronte ad alcune ci si può fermare intimoriti perché non sappiamo chi sta al di là: al di là ci sta il nostro Akela ad accoglierci, ma forse c’è anche qualcosa di ancora più importante e Akela vuole aiutarci a raggiungerlo insieme.

Ci vuole a volte del coraggio a fare quel passo che manca ad entrare in un luogo che non conosciamo bene, ma se c’è qualcuno con noi può diventare più facile e anche la porta più stretta pare allargarsi.
Affidarsi al progetto del Signore senza pretendere di sapere subito tutto ciò che lui si attende da noi e senza conoscere in anticipo quali strade può prendere la nostra vita se cominciamo ad ascoltare la sua voce.

Il Signore parla in tutti i momenti al nostro cuore, ma ci sono momenti della giornata in cui la sua voce può giungere più diretta perché meno disturbata. Alla sera quando la luce cala si può sentire più nitido un richiamo e nel silenzio i suoni appaiono più netti. E così la voce di uno di noi che racconta la sua vita ci può apparire diversa, non come le solite banali catene di parole che non si vede l’ora che finiscano.
“Sarà un caso che quel giorno, la festa di …è successo? … E sarà un caso che dopo tanto tempo …”. No, non è un caso: spesso siamo noi che vogliamo vederlo così, semplici coincidenze, ma se leggiamo bene i segni probabilmente potremmo scoprire che nulla è per caso.
Stiamo ascoltando la storia di una persona, ma forse non è solo questo: stiamo imparando ad ascoltare e a leggere i segnali che il Signore manda continuamente nella vita di ognuno di noi.

È il secondo giorno e la curiosità e l’aria del mattino porterebbero a chiedersi “Dove faremo le nostre tane oggi”, ma senza l’affanno e l’attesa di un qualsiasi giorno di studio, di lavoro o di piccoli stress quotidiani ai quali diamo sempre un peso eccessivo

La voce semplice di una suora che racconta con tanta franchezza la sua vita è un lampo, ma non di quelli che fanno paura! Il coraggio di raccontarsi senza timore, anche nelle cose e nei fatti che normalmente saremmo portati a nascondere. Fuori c’è il frastuono dei turisti, ma ci viene regalato – è un segno anche questo – un angolo impensabile di tranquillità dove continuare il discorso.
Le parole della suora hanno fatto effetto e piano piano emergono tante altre storie… Chi lo avrebbe mai detto che dietro tanti sorrisi e volti che magari già in parte conoscevamo o pensavamo di conoscere si celassero tante scelte difficili, emozioni, sofferenze, ma anche tantissima forza! Ascoltare e raccontare per imparare a vedere con occhio diverso.

“Ai vostri ragazzi non raccontate solo storie, parlate anche di voi”, le parole di Baloo sono una meravigliosa sintesi del momento: spesso per far aprire il cuore degli altri dobbiamo avere il coraggio di aprire anche il nostro.
Nell’adorazione e nella messa in Basilica nel pomeriggio c’è ancora tempo, tempo buono per guardare dentro noi stessi, così come la sera intorno al fuoco alcune semplici rappresentazioni ci spingono a chiedere ancora chiederci: “Cosa vuoi che io faccia, o Signore?”.
Proprio come quando Bernardo e Francesco aprirono il Vangelo (Fonti Francescane 1827) a caso per avere la risposta, ma le pagine non si aprirono a caso…
Il capitolo delle stuoie ci fa ritrovare a condividere quanto vissuto in questi tre giorni, tante voci diverse che si susseguono.

Se durante la Rupe le domande su “Cosa vuoi che io faccia” e “Sarà un caso?” erano come i colori che il pittore si appresta a disporre sulla tela bianca, ora la tela appare diversa con un disegno che comincia a comporsi.
D’altra parte non sarà mica un caso che ogni tre anni sentiamo il bisogno di tornare qui?

Posted in 3/2014, Giocare il Gioco