Conversazioni Bibliche – Giuditta

di Suor Fulvia

E finalmente vi presento Giuditta.
L’iconografia tradizionale la immortala nell’atto di tagliare la testa ad Oloferne; un solo fotogramma vuole essere sintesi ed epilogo di una storia, una sola immagine per dire che il bene è più forte del male, che l’arrogante non avrà l’ultima parola, un happy ending dei più sperati! Ma dando credito alla Parola e ai suoi racconti scopriamo che c’è ben altro da comprendere: il debole, cioè ognuno di noi, può tutto in Colui che gli dà forza.

E Giuditta, infatti, non è una guerriera, come a volte alcuni esegeti vogliono farci credere, non è neanche un’eroina temeraria che sfida la sorte gettandosi in un combattimento più grande di lei. Questo ne farebbe un personaggio dei fumetti, una sorta di supereroe al femminile, inimitabile proprio perché frutto di fantasia. Giuditta non è questo; è solo una donna, una donna dei racconti di Dio e, quindi, è molto di più.
Nella cultura biblica le donne sono deboli e sono quella porzione più fragile del già fragile popolo di Dio. Rappresentano i piccoli, gli indifesi di tutti i tempi, gli umili e gli esclusi, coloro che non hanno diritti.

La Parola di Dio, che è sempre profetica, consegna a queste porzioni fragili e femminili compiti importanti, a volte vitali, preannunciando, attraverso le loro storie, la forza della debolezza di Dio, la sua scelta di essere piccolo con i piccoli, debole con i deboli, salvezza per tutti. E a ben guardare, ogni donna della Scrittura annuncia Gesù, prepara il grembo a Cristo, genera Cristo nella storia di Israele, nella Chiesa, nel mondo. Se sei una donna, sei chiamata a generare Cristo, non c’è dubbio!

Finalmente dunque incontriamo Giuditta, nel capitolo 8 del suo libro e in Betulia, la sua città, ora sottoposta ad un estenuante assedio. Il suo nome significa giudea, più propriamente credente, colei che ha fede. Nel suo nome e quindi nella sua identità legata a Dio, non nella sua forza, è celato il segreto del suo successo: credere, stare dalla parte di Dio. Ma è una fede folle la sua? Irragionevole?

Ci viene presentata attraverso la sua genealogia (Gdt 8,1) che ne garantisce l’appartenenza al popolo di Israele; serve per dirci che è una di noi, è una come noi! Una donna con una storia come molte, con delle ferite, con un dolore nel cuore, una donna pacata, bella, forse giovane ma vedova e dunque sola, fragile, apparentemente inerme e impotente. Potrebbe mai una donna così insegnare al suo popolo un modo nuovo e sorprendente di rifiutare il male? Può una donna insegnare la fede, far rinascere dall’alto un intero popolo? In una parola essere madre?
I ragionevolissimi uomini saggi di Betulia, preoccupati per la grave situazione in cui versa la città assediata, priva di cibo e soprattutto di acqua, cercano soluzioni ragionevoli e insieme a tutto il popolo supplicano Dio che… almeno mandi la pioggia! (Gdt 8,31): magrissima consolazione per chi desidera libertà e una vita di fecondità. Per chi desidera futuro poche gocce d’acqua non bastano, ma neanche un diluvio. Domandiamoci se possa dirsi pienamente uomo o donna chi sceglie di accontentarsi di una soluzione da poco, temporanea e ipocrita. Forse anche noi, con la nostra fede povera, quando siamo di fronte a difficoltà, fatiche, delusioni speriamo sì… ma poco! Non immaginiamo forse solo il possibile (la pioggia), smettendo di credere al tutto che è possibile a Dio? Non suggeriamo forse noi le soluzioni a Dio per addomesticarlo al nostro comprensibile? Quale speranza siamo capaci di portare a chi è in difficoltà? Quale fede comunichiamo?

Leggendo i capitoli 8 e 9 del libro di Giuditta possiamo imparare cosa è la fede e chi è Dio, e sono le parole di questa donna ad insegnarcelo. Ci pare di sentire la sua voce sicura, commossa e vibrante di chi conosce Dio non per sentito dire ma per averlo incontrato e conosciuto nella sua stessa vicenda genuinamente umana. Giuditta usa la sua fede per leggere la storia: è una donna che vede! Talvolta, lo sappiamo, per affrontare la vita c’è bisogno di qualcuno che con gli occhi della fede veda anche per noi l’invisibile (Eb 11,27), perché solo “chi crede vede”. (Lumen Fidei, 1).
Le donne funzionano così: osservano una situazione, intuiscono una via concreta da percorrere, attivano la volontà e si mettono in azione. Le donne sono così: capiscono la storia dal di dentro, forse non la sanno poi spiegare in modo algoritmico o a compartimenti stagni, modi invece virili di comprensione, ma ne conoscono il contenuto e lo svolgimento e sanno immaginare il futuro. In verità non si fa una forzatura nel ritenere le donne delle “visionarie” per un dono, tutto interiore, di conoscere nelle viscere la realtà della vita, di vederla prima che sia e di avere la forza spirituale di inventarla. Ogni donna possiede una creatività non tanto, o non solo, manuale ma spirituale, in grado di attivare energie emotive e psicologiche per raggiungere un obiettivo percorrendo vie anche inedite. Nel bene e – ahinoi – nel male! Niente di più bello di una donna buona, niente di più pericoloso di una donna cattiva!

Giuditta ci insegna ad essere buone. Valorizza i doni del femminile, li mette a servizio di tutti inventando la trama e i colori di una tessitura mai vista prima. Giuditta inventa il futuro del suo popolo: mettendosi in ascolto della storia, di quanto concretamente sta avvenendo, intuisce fino a comprende la sua vocazione, vede quello che deve fare e decide in cuor suo di mettersi in azione. Le sue parole ardono di amore: “Voglio compiere un’impresa” (Gdt 8,32). Voglio, voce del verbo volere: ci vuole un atto deciso della propria volontà per compiere la volontà di Dio!
La preghiera di Giuditta è la sua unica arma; è il suo rifugio e la sua corazza ed infine è la sua bellezza. La preghiera la fa bella (Gdt 10,1-7), anzi la trasforma in un miracolo di bellezza (Gdt 10,14): è la bellezza di Dio che la investe totalmente, le dà dignità regale.
Leggere il seguito della vicenda fa venire i brividi. L’autore biblico ci racconta tutti i dettagli, anche i più scabrosi. Non risparmia nulla a Giuditta, nessun rischio è evitato, nessun colpo di scena miracoloso, tutto è tremendamente reale: due donne sole, il buio, un intero esercito, dialoghi improbabili sul filo dell’ironia e della paura, l’incontro tra la purezza di una donna di Dio e la brutalità volgare di un uomo lascivo e dissacrante.

Dobbiamo arrivare fino al versetto 7 del capitolo 13 per essere con Giuditta nel momento più delicato di tutta la storia. La preghiera si alza dal cuore di lei ed il lettore è trascinato nell’invocazione: «“Dammi forza, Signore Dio d’Israele, in questo momento”. E con tutta la forza di cui era capace colpì due volte il collo di Oloferne e gli staccò la testa». Due volte, povera Giuditta. Perché di forza ce ne voleva il doppio di quella che questa bella e fragile donna poteva avere nelle braccia. Qui si rivelano insieme il coraggio e la debolezza di Giuditta. La forza e insieme il suo bisogno di essere aiutata. E appare la forza di Dio.
Il rientro di Giuditta in città (Gdt 13,11) è accompagnato da un inno di lode a Dio e alla donna che si è fatta sua serva, madre del popolo, della sua libertà e della sua fede. Il popolo di Betulia si rianima, esce dalla paura e ritrova la sua missione: difendere Gerusalemme, Il Tempio, la casa di Dio. «Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra, – non ci tornano subito in mente le parole dell’angelo a Maria? – e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra e ti ha guidato a troncare la testa del capo dei nostri nemici. Davvero il coraggio che ti ha sostenuto non sarà dimenticato dagli uomini, che ricorderanno per sempre la potenza di Dio. » (Gdt 13,18-ss)

Tutti lodano il coraggio di Giuditta, il coraggio che l’ha sostenuta. Coraggio: cor-agere, letteralmente agire- con-il-cuore! Giuditta non è una guerriera dunque, è una donna debole ma capace di agire con il cuore, coraggiosa quindi, nel vero senso della parola. Perché il coraggio non è la virtù degli eroi e degli audaci, ma è la forza di chi sa agire mettendoci tutto il cuore. Canta Giuditta il suo Magnificat (Gdt 16), poesia di lode e di benedizione. Chi sa agire con il cuore, chi ha veramente coraggio, non può che cantare e amare. Vivere in pienezza.
La promessa del racconto è mantenuta: la Parola di Dio crea e continua a creare in noi vita.

Immagine: Giuditta che taglia la testa a Oloferne (1598-1599) Caravaggio [Public domain], via Wikimedia Commons

Posted in 4/2014, Nelle sue mani