Vivere con i “barboni” Una scelta di povertà

Quella che voglio raccontarvi è una storia un po’ particolare, un’esperienza di condivisione con i più poveri. Oltre al
servizio in Riparto, faccio anche parte della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi 45 anni fa a Rimini. Nelle mie scelte di vita l’esperienza dello scautismo è stata fondamentale. Grazie ai miei Capi scout, che mi hanno accompagnato dal Branco alla Partenza e che soprattutto mi hanno guidato all’incontro con il Signore, ho capito un po’ alla volta quello che il Signore voleva da me, cioè che io condividessi la mia vita con i più poveri tra i poveri.
Soprattutto attraverso le esperienze di servizio extra associativo vissute intensamente e attraverso la mia guida spirituale, decisi di intraprendere un’esperienza missionaria.
Nel 2001 sono partito come volontario con la Comunità Papa Giovanni XXIII in Bangladesh per lavorare con gli intoccabili. Ero in fase di discernimento vocazionale e sentivo forte la chiamata a dedicare la mia vita alla missione con i poveri. Diventato membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, ho vissuto alcuni anni in missione e in case famiglia in Italia, interrogandomi in quale ambito di condivisione dovessi dedicarmi totalmente.
Nel 2010 il nostro Vescovo chiese alla nostra Comunità di impegnarci nella condivisione con i senza fissa dimora. Mi sono subito sentito chiamato in causa. Da quel momento la mia Comunità ha aperto un centro diurno per i senza fissa dimora, che accoglie ogni giorno una sessantina di persone circa, nelle ore più fredde della giornata. Da lì è partita l’idea di avviare un’unità di strada che andava ad incontrare i nostri amici negli angoli più bui della nostra città, per portare
loro una bevanda calda e un po’ di cibo, ma soprattutto volti pronti a sorridere e a condividere tempo con chi è ai margini della società.
Il nostro sogno si è pienamente realizzato nel gennaio 2012, quando abbiamo aperto una casa per senza fissa dimora in una ex-scuola elementare, concessaci dal Comune della nostra città. La casa ha preso il nome di Capanna di Betlemme “Massimo Barbiero”. Da quel momento condivido la mia vita, notte e giorno, con 25 “barboni”.
È incredibile vivere nel mio paese e trovare gli stessi problemi che incontravo quando ero missionario. Anche qui in Italia, nelle nostre città, viviamo una continua emergenza. Sempre più persone infatti, comprese a volte delle intere famiglie, si ritrovano a finire per strada.  Spesso tutto questo accade di fronte all’ indifferenza dei più. Quando i nostri volontari partecipano all’unità di strada si meravigliano di scoprire tanti posti vicini a casa loro dove vivono persone in condizioni terribili, al freddo, senza servizi e elettricità, in mezzo a sporciziae a cumuli d’immondizia. Luoghi come la stazione, i parcheggi, che di giorno appaiono “normali”, frequentati quotidianamente da tante persone, di notte diventano il rifugio di tanti disperati. La reazione più comune delle persone di fronte a queste situazioni è l’indifferenza: si pensa infatti che i “barboni” vivano così per scelta, senza riflettere sul fatto che c’è una vita dietro alle persone, che li ha portati per vari motivi a cadere nel baratro della miseria. Quello che cerchiamo di dare a queste persone non è solo un letto in cui dormire, ma il calore di una famiglia a volte mai avuta, la possibilità di ricominciare una vita dignitosa e di reinserirsi attivamente nella società. Per questo abbiamo intrapreso con alcuni di loro dei progetti individualizzati di reinserimento lavorativo. Oggi capisco che l’esperienza dello scautismo è stata fondamentale nella mia vita, perché mi ha fatto crescere nel mio cammino verso il Signore e mi ha portato ad aprirmi alle necessità del prossimo. Ho capito che il motore della nostra opera non può essere la carità, se non è accompagnata dalla giustizia. È giusto che ogni uomo nel mondo abbia una famiglia, un lavoro, una casa a cui tornare. Non riesco a vivere tranquillo se so che altri uomini sulla terra non hanno la possibilità di accedere a tutto ciò. Poter condividere ogni minuto della mia giornata con chi ha bisogno mi riempie il cuoredi una gioia infinita e mi dà le energie per andare avanti nella nostra opera. Sono sicuro che questa sia la strada che il Signore ha scelto per me, per il mio cammino di santificazione. Tanti giovani, attirati dalla radicalità e povertà di vita della nostra esperienza comunitaria vengono ad aiutarci nel nostro servizio e incontrano il Signore nei volti dei più poveri. Molti di loro hanno poi intrapreso un’esperienza di missione all’estero, che ha dato loro la possibilità di interrogarsi sulla propria vocazione. Per questo vogliamo invitare tutte le persone che volessero fare esperienza con la nostra Comunità a contattarmi al mio indirizzo email: jonatha.ricci@virgilio.it.

Jonatha Ricci Capo Riparto del Forlì 1

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