Stefano Bertoni
1984, qualche mese prima dell’Eurojamboree: “Ragazzi quest’anno al campo saranno autorizzate solo casse di squadriglia di questa misura…”. Sono passati tanti anni, però ricordo ancora i primi momenti di imbarazzo dopo la comunicazione del nostro capo riparto, quando confrontando le misure con quelle delle casse utilizzate fino ad allora scoprimmo che molto materiale doveva rimanere a casa!!
Come scegliere le cose da portare? Tutto sembrava irrinunciabile e indispensabile, però “a pensarci bene tutte queste pentole ci servono proprio? Non è che un paio possono rimanere a casa? Quella lì poi la portiamo sempre via e non la usiamo mai…”
Gennaio 2013: i capelli sono di meno, e anche un po’ grigi, e finalmente si realizza il sogno e si compra casa! Via col trasloco: parte la “campagna d’inverno” in vista delle “grandi manovre estive”, attività frenetica di imballaggio, inscatolamento e… ”Ma come è possibile che abbiamo accumulato tutta questa roba! Ma a che serve questo… e soprattutto: adesso dove lo metterò?”
Aprile 2014: ogni volta che scendo in cantina osservo gli scatoloni ancora imballati dopo quasi un anno e scorrendoli mi chiedo: qual è la possibilità percentuale che molti di questi vengano aperti nei prossimi cinque anni? Probabilmente è un numero simile alla temperatura media della Groenlandia…
Può succedere che, nel passare dalla dimensione dell’attività con i ragazzi alla vita di tutti i giorni, anche dopo tanti anni di scautismo non abbiamo ancora compreso del tutto il valore dell’essenzialità: forse ce lo ricordiamo nel momento di fare uno zaino (anche perché il tempo che passa contribuisce a far sembrare lo zaino ancora più pesante), ma poi quando si passa nella realtà quotidiana il concetto diventa più arduo da applicare.
In un articolo recente una statistica faceva notare come tra casa, cantina e garage in ogni famiglia italiana siano presenti una media di otto elettrodomestici (tra grandi e piccoli) che non si usano o non funzionano più, per un totale di circa 200 milioni. Chissà quanto è lunga una fila di 200 milioni di elettrodomestici?
Eppure mentre continuo a leggere e ad informarmi sull’argomento trovo anche molti elogi di tutte le nuove “tecnologie smart”.
Mi soffermo sulla “lavatrice smart” di una nota marca: “essa permette di cambiare i programmi di lavaggio direttamente dallo smartphone. Costerà di più, ma almeno non dovrai alzarti dal divano per passare da colorati a delicati”. Interessante, con l’inglese non me la cavo bene, però mi sembra che “smart” significhi “intelligente”: sarà poi così intelligente ridursi a fare meno movimenti di un bradipo, così giusto per mantenersi in forma?
Niente male anche il “frigorifero intelligente” con schermo touch, sensore ottico e connessione Internet, così sai se le verdure stanno per andare a male e se sono finite te le ordina online. Chissà, magari fra un po’ sarebbe utile scegliere la casa per il volo estivo o le vacanze di branco solo se dotata di questi confort, così se abbiamo sbagliato il menù ci avverte il frigo e i nostri neuroni possono concedersi ampio relax.
Passando ai gadget di dimensioni un po’ più ridotte mi chiedo come abbia potuto fare a meno di un grattaformaggio elettrico: vuoi mettere la soddisfazione di rimanere folgorato mentre gratti il parmigiano da mettere sulla pasta?
Sicuramente non dobbiamo cedere alla tentazione di demonizzare la tecnologia, però forse applicare alla nostra vita quotidiana i principi di essenzialità che cerchiamo di fare crescere nei nostri ragazzi ci aiuterebbe meglio a discernere ciò che è veramente utile da ciò che è un orpello superfluo a cui possiamo rinunciare tranquillamente.
Una chiave sta probabilmente nel concetto base che ispirò un libro di Tom Philbin “Le 100 grandi invenzioni”: qualora volessimo provare a giudicare l’importanza di un’invenzione, la domanda che dovremmo porci sarebbe: “Come sarebbe la nostra vita senza?”.
Scopriremmo che probabilmente la lavatrice è molto più importante del robot da cucina di ultimissima generazione (soprattutto se magari poi di questi ne abbiamo già uno che, se va bene, usiamo due volte all’anno).
Se la tecnologia è un ambito all’interno del quale è facile valutare l’importanza di mantenere uno stile di essenzialità, sicuramente in molti altri potremmo compiere analoghi ragionamenti.
Il giorno in cui pensiamo “Mi serve proprio un altro armadio perché non so più dove mettere tutti i vestiti” è forse quello in sarebbe utile “Non è che ho già troppe magliette e maglioni?”: forse non è necessario rinnovare il guardaroba ad ogni stagione!
Come si legge nel “Piccolo Principe” di Saint Exupery “l’essenziale è invisibile agli occhi”. E allo stesso modo ci devono sovvenire anche le parole di B.P: “Nel vostro passaggio in questo mondo, che ve ne accorgiate o no, state lasciando dietro di voi una traccia” la traccia dell’esempio e delle nostre azioni più che quella di oggetti inutili e banali.