Stefano Bertoni
“Il settimo giorno Dio, dal momento che durante i sei giorni precedenti era stato molto impegnato e non aveva avuto neppure un minuto libero, salì in macchina e andò al centro commerciale per fare la spesa e concedersi una domenica di meritato shopping”: non è la didascalia di una vignetta satirica di Charlie Hebdo che prende in giro la creazione, bensì un pensiero ricorrente della mia mente mentre, di ritorno da qualche bella escursione sui monti, affronto gli ultimi chilometri della statale che mi riportano in città e osservo i parcheggi strapieni dei negozi e delle aree commerciali che si succedono senza soluzione di continuità a nord di Udine. Ho ancora negli occhi l’immagine di una domenica sera di dicembre mente con i ragazzi del gruppo e il nostro assistente ci concediamo una serata al cinema e, visto che ormai questi strutture si trovano quasi sempre dentro queste cattedrali dell’acquisto, passo davanti all’uscita del supermercato e osservo tantissime persone uscire con i loro carrelli stracolmi.
Mi confronto ogni tanto sul mio luogo di lavoro anche con i colleghi su queste tematiche e raccolgo spesso considerazioni e commenti di questo tipo: “sei un retrogrado”, “il mondo ormai è così”, “se avessi figli capiresti che spesso durante la settimana non avresti tempo”, “le aperture domenicali creano occupazione”, “i medici e gli addetti al trasporto pubblico lavorano la domenica, non vedo perché non debbano farlo anche gli altri” e tutto il repertorio dei luoghi comuni che pare ormai ammantare questa tematica e i sostenitori del diritto allo shopping a qualsiasi or di qualsiasi giorno.
Eppure ricordo molto bene gli anni in cui da bambino i miei genitori lavoravano, i negozi la domenica erano chiusi tranne che nelle domeniche precedenti il Natale, non c’erano aperture serali o orari continuati e durante la settimana spesso le attività chiudevano due pomeriggi la settimana e il lunedì qualche giornale nazionale non usciva: come siamo sopravvissuti?
Sicuramente non discuto sul fatto che alcuni servizi di pubblica utilità e le attività di coloro che hanno scelto di lavorare per il tempo libero degli altri si svolgano nei periodi di festa, però forse qualche riflessione da parte di chi come noi si professa cristiano ogni tanto sarebbe utile. La Chiesa già da molti anni si interroga su queste tematiche.
Tra le tantissime voci che si sono levate sul tema riporto solo quella di mons. Giancarlo Bregantini capo-commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro che ai microfoni di Radio Vaticana, nel maggio 2014 definisce scandalosi i dati della Confesercenti secondo i quali la domenica il 30% dei centri commerciali e il 25% dei negozi a conduzione familiare siano aperti.
“Se io la domenica non so dare valore al gratuito – aggiunge l’arcivescovo di Campobasso- io riduco tutto al commerciale, cioè a ciò che mi serve o a ciò che tu mi dai, non al tempo libero per la famiglia o per Dio o per te stesso. L’uomo viene ridotto a “cosa”, a “commercio”, non c’è più la certezza di una persona amata, rispettata ed accompagnata, perché è persona, non perché è “cosa”.
Tutto questo non va inteso naturalmente come una campagna contro coloro che la domenica sono costretti a lavorare (vorrei vedere chi, soprattutto in tempi come quelli attuali si può permettere di biasimare chi nei giorni di festa è costretto a lavorare perché rifiutandosi perderebbe il lavoro..) ma come il tentativo di recuperare alcuni momenti di comunità cristiana e civile, oltre che di coesione sociale.
Un momento di fiducia lo ritrovo quando vedo il nostro impegno di scout a riempire di senso questi spazi di tempo offrendo una prospettiva e una proposta diversa dal girovagare tutta la domenica all’interno di un centro commerciale. E ripenso anche alle parole con cui papa Benedetto XVI qualche anno fa affrontò questi temi lanciando un appello a riscoprire la domenica come giorno di Dio e della comunità: “È nella preghiera personale e comunitaria che noi incontriamo il Signore non come un’idea, come una proposta morale, ma come una persona che vuole entrare in rapporto con noi, che vuole essere amico e vuole rinnovare la nostra vita per renderla come la sua… La fede va vissuta insieme“.
In una domenica dicembre, allungando il tiro di una gita domenicale, sconfino un po’ in Austria e attraverso la periferia Klagenfurt: è tutto chiuso. Passeggiando di alcuni centri cittadini guardo gli orari di apertura delle attività commerciali e quasi tutte indicano: sabato aperto fino alle 17.00 o alle 18.00, domenica chiuso. E’ evidente che hanno inventato la macchina del tempo e io non lo sapevo e ora qualcuno mi ha rispedito negli anni Settanta. Oppure ….un altro mondo è possibile?