Cento anni di solitudine?

Nel 2007, in occasione del centenario del movimento, mi capitò di sentire questa frase, di cui non ricordo l’autore, che
utilizzava il titolo di un famoso libro di Gabriel Garcia Marquez: “Cento anni di scoutismo non sono cento anni di solitudine”. Se devo pensare al modo in cui l’essere un buon cristiano va esattamente di pari passo con l’essere un buon cittadino, e quindi a come la nostra peculiare spiritualità abbia una dimensione profondamente politica, l’ho sempre trovata come un’affermazione molto azzeccata. Il nostro movimento, nell’intendimento più genuino di B.-P., nasce non solo per migliorare genericamente e unicamente la qualità dei singoli cittadini, ma anche per contribuire allo sviluppo del civismo, dell’attaccamento alla comunità e del bene comune.
In altre parole valori cristiani e valori scout trovano una perfetta declinazione “politica” nella loro promozione assoluta del senso della solidarietà e della comunità. Branco, Cerchio, Riparto, Fuoco, Clan sono in questo senso dei perfetti prototipi di una società che assume l’idea del “bene comune” come obiettivo primario, al quale il singolo contribuisce mettendo a disposizione capacità e propri talenti .
Così intesi gli elementi citati vengono ben prima di una qualsiasi indicazione di carattere partitico: essere cristiani ed essere scout implica l’accettazione di una serie di valori “politici” che sono assolutamente precedenti alle divisioni tra diversi partiti, diversi programmi e diversi candidati.
La dimensione politica dell’educazione e della spiritualità promossi da B.-P. comportano scelte molto concrete, che vanno ben al di là dell’appartenenza e dell’adesione del singolo a questo o quel partito: idea di nazione e patria come
elemento di coesione sociale, apertura alla fratellanza mondiale, rifiuto di ogni estremismo.

Se improntati così, la nostra azione educativa e la nostra spiritualità danno perfettamente l’idea di un movimento che non si muove e non si è mai mosso chiuso nella sua “turris eburnea”, ma è estremamente attento a cogliere le opportunità di influire sulla crescita di una società coesa e solidale.
Scrive B.-P. in un noto passaggio di “Scautismo per ragazzi”: “Quando sarete cresciuti, avrete diritto al voto e così prenderete parte al governo del vostro paese. E vi sentirete portati, almeno molti di voi lo saranno, ad appartenere automaticamente allo stesso partito politico a cui appartiene vostro padre o i vostri amici. Io non lo farei, se fossi
in voi. Io vorrei ascoltare ciò che ogni partito ha da dire. Se ascoltate un solo partito certamente finirete per convincervi che quello è il solo che ha ragione, e tutti gli altri debbono avere torto. Ma se vi prendete la pena di sentirne un altro, potrebbe capitarvi di concludere che, è questi che ha ragione e il primo torto. Il punto è ascoltarli tutti, ma non lasciarvi persuadere da nessuno in particolare. Siate quindi uomini, fatevi una vostra idea e decidete da soli ciò che secondo il vostro giudizio, è meglio dal punto di vista nazionale – e non per qualche piccola questione
locale – e votate per quale partito finché esso continua ad agire nel modo giusto e cioè per il bene della comunità nazionale”.
Fin dall’inizio la storia dello scoutismo e della sua spiritualità presero dunque un cammino ben diverso dai “cento anni di solitudine”, agli antipodi di un mondo che si muove assolutamente disinteressato rispetto a quello che accade intorno a sé! La vita concreta delle nostre unità si rivela una miniera in questo senso. Pensiamo ad esempio agli incarichi pubblici intesi non come privilegi, ma come fonte di ulteriori doveri: nei nostri Riparti il/la Capo Squadriglia non è forse colui/colei che si pone al servizio dei propri compagni/e più giovani? Il Lupetto che conquista una specialità non assume, con la pronuncia dell’impegno speciale, con le caratteristiche proprie della sua età, un impegno verso la collettività?
Nella strada verso il successo sempre B.-P. va più a fondo nello spiegare il senso del servizio e di una visione spirituale centrata sulle esigenze fondamentali della società:
“Il servizio non comprende solo le piccole azioni di cortesia e gentilezza nei confronti degli altri: cose buone e belle, che lo scout compie ogni giorno. Qui per servizio intendo qualcosa di più nobile ed impegnativo: il servizio come cittadino del tuo paese”.
L’azione di uno scout non è semplicemente una serie di piccoli nobili gesti slegati tra loro, ma impronta tutto il suo agire, ben conscio del significato profondo che ha il suo muoversi da buon cittadino. In questo senso il movimento scout si muove all’unisono con la Chiesa.
Secondo le parole di Benedetto XVI, nella Lettera enciclica “Caritas in veritate” del 29 giugno 2009, il bene comune è infatti “il bene di quel “noi-tutti”, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale.
Non è un bene ricercato per se stesso, ma per le persone che fanno parte della comunità sociale e che solo in essa possono realmente e più efficacemente conseguire il loro bene”.

Stefano Bertoni

Posted in 2013, 3/2013, Scautismo e bene comune