È vero: B.-P. non ha mai creato il Quaderno di Caccia nel modo in cui lo usiamo oggi. Amava senza dubbio scrivere, e dei tanti episodi della sua vita, delle intuizioni ed anche di qualche rammarico ha saputo farne qualche cosa di educativo che è arrivato forte ed efficace sino ad oggi. Amava anche disegnare, come si legge bene in “La mia vita come un’avventura”: “Credo che un desiderio molto comune in ciascun essere umano sia quello di esprimere se stesso attraverso una qualche forma d’arte, che si tratti di prosa o di poesia, di musica o di recitazione, di disegno o di scultura. Eseguire un disegno per me è una entusiasmante avventura, perché non so mai come andrà a finire”. Aveva anche intuito una potenzialità educativa sorprendente in questa possibilità di esprimere sé stessi: “In questi tempi di fretta, rumore, materialismo sempre crescenti, esso ci porta lontano dal frastuono e dall’agitazione degli affollati ritrovi degli umani, verso la quieta atmosfera della natura, immergendoci nelle bellezze e nelle meraviglie che Dio ha creato per il nostro godimento”. Da queste due “buone abitudini”. Probabilmente, nasce uno strumento per noi ormai codificato come il Quaderno di Caccia, in breve il QdC. In queste pagine le Capo e i Capi ci hanno permesso di riflettere su qualcosa che forse talvolta diamo per scontato ma che invece può farci accostare, con rispetto e stupore e se correttamente utilizzato, al mondo dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze.
Michela Bertoni