Il mio zaino del Convegno

Laura Anni

 

Firenze, il Papa, tutti i vescovi riuniti, un convegno che detta le linee guida della Chiesa; tutte cose che, se lette su un foglio, spaventano o meglio preoccupano chiunque debba partire per questa nuova avventura.

Ed è stato così anche per me, quando il responsabile della Pastorale mi ha chiamato per rappresentare i giovani della mia diocesi in quanto coordinatrice della Pastorale giovanile del Vicariato urbano. Ho subito detto di sì, come per ogni chiamata di servizio, accogliendo questa settimana di lavori, seppur faticosa per l’allontanamento dall’ufficio e dalla famiglia, come un’opportunità di crescita. E così è stato!

Non credo serva raccontare quante volte mi sono emozionata sentendo le parole del Papa o le precedenti testimonianze in cattedrale; ma quello che mi porto a casa, nel mio zaino pieno di ricordi, credo meriti un accenno.

Al primo posto nel mio zaino del Convegno trovo sicuramente la fraternità, una fraternità tra tutti i delegati ed in particolare con i vescovi che, senza paura di essere contraddetti, si sono seduti alla stessa tavola rotonda dei laici ed hanno provato a pensare ad una Chiesa più… umana. Potrei anche affermare che la fraternità all’interno della mia delegazione si è trasformata in amicizia; il mio vescovo, Beniamino Pizziol, è sempre stato con noi, ha faticato con noi, si è lasciato guidare da noi e credo che, a livello umano, ci abbia trasmesso molto e, a sua volta, abbia ricevuto molto.

Al secondo posto nello zaino dei miei ricordi trovo la metodologia nuova adottata dalla Chiesa per attuare il suo operato: un vero modo sinodale di procedere che richiede sforzo, condivisioni, ma che certamente darà i suoi frutti.

Infine le ultime cose che mi porto a casa nello zaino di questo Convegno (o meglio l’ultima che racconto, altrimenti rischierei di scrivere un libro) sono la positività e la solarità che a volte le fatiche di questi tempi, tra attentati e crisi, inducono a perdere.

Il Papa e tutta la Chiesa ce l’hanno ben ricordato: siate portatori di buona novella ed il Papa ironicamente ha suggerito di essere come don Camillo, un prete che cammina con la sua gente e che è portatore di gioia.

Questo è stato il primo convegno della CEI non appesantito da mille relazioni che i delegati dovevano solo ascoltare, ma, conclusi l’incontro con il Papa e le due relazioni iniziali, si è iniziato a lavorare subito sulle cinque “vie” dell’incontro: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare.

Per ognuna di queste vie si sono formate delle vere e proprie tavole rotonde costituite da gruppi di 10 persone (composte in modo rappresentativo da componenti dei laici, dei vescovi e dei consacrati).

Dopo aver lavorato per due giorni essi hanno presentato una proposta di lavoro, esposta poi ad una sala di 100 persone, con l’intervento di un relatore che ha sintetizzato ed unificato i lavori dei vari gruppi per presentare un’unica proposta della Chiesa per quella “via”.

Questo è stato certamente faticoso perché i diversi carismi hanno dovuto mediare tra loro per trovare l’unione della proposta. Ma ciò mi ha fatto capire che la Chiesa sta provando a mettersi in discussione, sta provando a cambiare, sta provando ad uscire e, come dice Papa Francesco, a “sporcarsi nelle periferie”.

Ecco allora, se dovessi rivolgermi a me stessa, stavolta nelle vesti di scout e non di responsabile della pastorale giovanile, affermerei che questo convegno mi ha fatto vedere la Chiesa più umana, mi ha fatto ricordare che tutti siamo Chiesa e che anche noi, con le nostre attività, siamo e dobbiamo essere i primi ad aiutare i ragazzi a trovare Dio.

Noi abbiamo la fortuna di usare un metodo che punta a valorizzare il 5% di buono che c’è in ognuno di noi, ma a volte anche noi ce ne dimentichiamo.

Perciò rimbocchiamoci le mani e, seguendo l’esempio della Chiesa, non fermiamo mai il nostro cammino; anche quando lo zaino ci sembra troppo pesante, non spaventiamoci e troviamo sempre la forza di portarlo perché non siamo soli in questo ruolo educativo che ricopriamo nei confronti dei nostri ragazzi.

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