Relazione e Formazione del Carattere

img_8926Marco Platania e Michela Bertoni – Commissari Generali

Scrive B.-P.: “Per carattere equilibrato intendo una persona dotata di un modo di vedere calmo e pieno di buon senso tale da non essere trascinato da suggestioni e spaventi di massa, ma invece capace di conservare la testa, di guardare innanzi con coraggio ed ottimismo”.

E poi: “in ultima analisi il carattere dello scout riflette in larga misura quello del suo capo”. In queste poche righe abbiamo diversi spunti di riflessione.

La relazione con gli altri e la formazione del carattere sono indissolubilmente collegati. La nostra vita relazionale è strettamente legata alla formazione del nostro Io.

Pensate al rapporto fra figlia/o e madre: dalla loro intima relazione ne discende linfa e sostegno alla formazione del carattere. La famiglia di per se è il luogo principe in cui le relazioni fra genitori e figli determinano la formazione della persona, soprattutto in certe fasi dell’evoluzione psico-fisica della ragazza/o.

La relazione forma e cambia e possiede connotati diversi qualora assuma le dinamiche del gruppo piuttosto che del rapporto a due. La relazione e il carattere sono due argomenti che entrano in gioco costantemente nel nostro ruolo di figli, mariti, mogli, amici, ecc…

Sono quindi diversi gli aspetti che potremmo approfondire. Oggi vogliamo però concentraci su due elementi di questo rapporto: la relazione che si istaura nel piccolo gruppo (squadriglia, pattuglia) e la relazione con noi stessi.

Viviamo tempi in cui percepiamo facilmente l’affermazione dell’individualismo e del narcisismo, che induce al ripiegamento su se stessi e alla ricerca del proprio benessere.

Così viene però messa in gioco la sfera delle relazioni, con una crescente difficoltà alla comunicazione autentica di se stessi e, di conseguenza, alla creazione di relazioni autentiche. Ma sono proprio queste ultime che sostengono la formazione del carattere.

La relazione all’interno di un piccolo gruppo pone in ballo diversi aspetti dell’educazione: l’accoglienza, la condivisione, la tolleranza, il bene comune, l’esporsi al rischio della diversità.

E sono tutti valori che richiedono necessariamente un sacrificio di se stessi, la rinuncia ad una parte del proprio sé, la creazione di spazio all’interno del proprio io per accogliere l’altro.

Siamo invitati a cercare ponti (quelli che ci invita a costruire Papa Francesco) a cercare ciò che è comune per arrivare a scoprire e affermare la diversità come valore.

Se è più intuitivo comprendere che gli altri sono per noi una possibilità di conoscenza, è più complicato realizzare che ci educhiamo anche attraverso l’esperienza della ‘perdita’.

La Relazione costa certamente fatica e sacrificio, ma se vissute autenticamente, le tante avventure vissute in squadriglia comporranno racconti che verranno richiamati tutte le volte che, dopo tempo, ci si riunirà.

Tutto questo ci mette di fronte a noi stessi, ai nostri limiti, alla nostra differenza ma anche alla nostra unicità. E ciò è evidente in molte nostre attività: la strada è incontro con se stessi e con l’altro, la squadriglia è il luogo della relazione, la conoscenza di San Francesco – il porsi in relazione con lui – per un lupetto o una coccinella è probabilmente una delle prime relazioni a carattere spirituale, e in tutti questi incontri la personalità dello scout si plasma.

Ma esiste un altro soggetto con cui è molto importante relazionarsi: noi stessi! L’incontro con l’altro e con noi stessi sono infatti due aspetti strettamente legati: nel primo caso si forma il carattere attraverso il confronto, nel secondo con l’autoeducazione.

Quest’ultima fa parte degli elementi principali del metodo scout: nasce con la promessa, un atto di libertà con cui ci si impegna a rispettare una legge, la Legge Scout, che a sua volta ci aiuta a scoprire una legge morale (“voce di Dio che ci parla nella coscienza”) .

Noi capi, attraverso l’applicazione del metodo, dobbiamo fornire i mezzi e le occasioni di formazione per garantire ad ogni Guida e Scout il proprio percorso educativo, perché essi siano gli autentici protagonisti della loro crescita.

In fondo è la grande scommessa sull’uomo, ben chiara a Baden Powell quando ci ricorda il buono che c’è in ognuno di noi… sempre.

Infine vogliamo concludere con un racconto, che parla di relazione con gli altri e di caratteri: caratteri… difficili!

Immaginiamo potrebbe essere un buon inizio per una riunione di Direzione di Gruppo!

C’era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un falegname. Un giorno, durante l’assenza del padrone, tutti i suoi arnesi da lavoro tennero un gran consiglio.

La seduta fu lunga e animata, talvolta anche veemente. Si trattava di escludere dalla onorata comunità degli utensili un certo numero di membri.

Uno prese la parola: “Dobbiamo espellere nostra sorella Sega, perché morde e fa scricchiolare i denti. Ha il carattere più mordace della terra”.

Un altro intervenne: “Non possiamo tenere fra noi sorella Pialla: ha un carattere tagliente e pignolo, da spelacchiare tutto quello che tocca”.

“Fratel Martello – protestò un altro – ha un caratteraccio pesante e violento. Lo definirei un picchiatore. E’ urtante il suo modo di ribattere continuamente e dà sui nervi a tutti. Escludiamolo!”.

“E i Chiodi? SI può vivere con gente così pungente? Che se ne vadano. E anche Lima e Raspa. A vivere con loro è un attrito continuo. E cacciamo anche Cartavetro, la cui unica ragion d’essere sembra quella di graffiare il prossimo!”.

Così discutevano, sempre più animosamente, gli attrezzi del falegname. Parlavano tutti insieme.

Il martello voleva espellere la lima e la pialla, questi volevano a loro volta l’espulsione di chiodi e martello, e così via. Alla fine della seduta tutti avevano espulso tutti.

La riunione fu bruscamente interrotta dall’arrivo del falegname.

Tutti gli utensili tacquero quando lo videro avvicinarsi al bancone di lavoro. L’uomo prese un asse e lo segò con la Sega mordace. Lo piallò con la Pialla che spela tutto quello che tocca. Sorella Ascia che ferisce crudelmente, sorella Raspa che dalla lingua scabra, sorella Cartavetro che raschia e graffia, entrarono in azione subito dopo.

Il falegname prese poi i fratelli Chiodi dal carattere pungente e il Martello che picchia e batte. Si servì di tutti i suoi attrezzi di brutto carattere per fabbricare una culla.

Una bellissima culla per accogliere un bambino che stava per nascere. Per accogliere la Vita.

Dio ci guarda con l’occhio del falegname”.

Bruno Ferrero, Cerchi nell’acqua, Ed. Elle Di Ci

Posted in 3/2016, Editoriale