Disgrazia… o Grazia? La storia di Marco Bratti

È stata una fortuna per me avere, seppur per breve tempo, Marco come compagno di classe durante i primi mesi delle scuole medie. Entrambi classe 1978, entrambi scout, da poco passati in riparto nel Gruppo di Longarone. Colpiva subito il suo carattere: curioso di tutto, attento, molto sensibile. Bastavano pochi minuti insieme e potevi capire cosa gli piaceva: i gatti, i puffi (andava matto per i loro cartoni animati). Sempre il sorriso sulle labbra, sempre qualcosa da raccontarti perché la sua curiosità lo portava ogni giorno a scoperte nuove che non voleva tenere per se. Tutto questo fino a quel venerdì 13 aprile 1990, quando Marco è coinvolto in un terribile incidente  stradale a pochi metri da casa che lo fa entrare in un coma vigile che durerà per oltre 22 anni. Quella che potrebbe essere solamente l’inizio di una storia triste, di dolore e disperazione si rivela invece occasione per una riscoperta di speranza, fede e amore. Può un servizio ricevere più di quanto riesce a dare? E allora può ancora definirsi tale? Durante i molti anni della malattia che hanno visto Marco fermo su una sedia a rotelle il gruppo scout di Longarone, in collaborazione con altri amici e volontari, ha voluto portare il suo servizio nella ginnastica, la fisioterapia o la semplice compagnia nei suoi confronti. Ogni persona, uscita dalla casa dopo una serata passata con lui si rendeva conto di aver ricevuto molto più di quanto non potesse dare. Il nostro servizio consisteva nel trascorrere in coppia un paio d’ore durante le sere o il sabato mattina per fare della ginnastica a Marco, per permettergli di tenere in funzione la muscolatura e di poter respirare meglio. In quei momenti si parlava con lui e gli si raccontava di tutto: come andavano gli studi, il lavoro, la famiglia o gli amici. Marco, immobile e silenzioso, ha permesso a molte persone di potersi ritrovare, anche solo per una sera. Persone che magari, prese dal lavoro o dalla famiglia, oppure lontani da casa tutta la settimana per l’università non mancavano però all’appuntamento mensile con il loro amico. E così, di anno in anno, le relazioni tra i volontari e la famiglia Bratti sono cresciute, il 30 ottobre si passava per fare gli auguri a Marco per il suo compleanno e nel 2008 fu organizzata anche una festa per i suoi 30 anni. Per quanto noi facessimo, quello che avevamo in cambio era sempre molto di più: nei primi anni Marco era attento quando gli parlavi, ad una battuta faceva un sorriso sollevando un lato della bocca; alla fine della serata ci dava sempre il suo saluto con un colpo di ciglia, l’unico modo che aveva di comunicare. Tutto questo valeva molto di più del nostro servizio, con questi semplici gesti ha saputo far crescere la comunità attorno a lui, non solo in numeri ma soprattutto nei rapporti e nel servizio offerto. Il semplice calendario dei turni che inizialmente si occupava solo di trovare due persone libere quella sera, di cui una che guidasse anche l’automobile, si è trasformato in un modo per trovare nuovi volontari, per tenere i contatti tra di loro e con la famiglia, per approfondire e migliorare gli esercizi di ginnastica da fare. Un altro grande dono che abbiamo ricevuto è stato la scoperta della famiglia di Marco. Aveva tutti i presupposti per essere una famiglia dedita completamente al mantenimento del figlio in coma, degli altri quattro figli, dei numerosi nipoti e al sostegno della madre colpita da una malattia degenerativa qualche anno dopo l’incidente di Marco. Invece, si è dimostrata un esempio di fede, speranza nel futuro e nel saper esprimere la gratitudine per i doni ricevuti. Ogni persona che entrava si sentiva a casa propria. C’era sempre una parola di reale interesse, un caffè o un dolcetto non mancavano mai e si sentiva raccontare come era passata la giornata di Marco dal papà Luciano. Lo stesso genitore, così scriveva qualche anno fa alla rivista Avvenire: In una delle storie raccontate da Avvenire una mamma si esprimeva nei confronti del familiare che accudiva definendolo un «angelo». Anch’io dico lo stesso di mio figlio, aggiungendo, come cristiano, che ce l’ha mandato Dio: con gli anni mi pare di capire che non è un angelo passivo, solo perché sopporta il peso dell’infermità non chiedendo nulla, ma un angelo attivo, compartecipe della vita di famiglia e della società. Cerco di spiegarmi: da vent’anni ci sono persone – assistenti sanitarie, scout, giovani e adulti –che in vari modi lo aiutano e ci aiutano per la toilette, la ginnastica, la stimolazione, il passeggio. Ebbene queste persone ricevono da Marco un’educazione a diventare più mature, un aiuto nelle difficoltà della vita, anche il dono di una serenità d’animo. Un estraneo può immaginare che le giornate di un ragazzo in coma siano tutte perfettamente identiche, ma ascoltando un padre che le racconta con dovizia di particolari e che sa vedere oltre sembrano veramente sempre nuove. Solo chi ha un grande cuore e una profonda fede riesce a portare avanti questo ogni giorno per ben 22 anni. Infatti, il 9 novembre arriva la notizia, in poche righe a tutti i volontari: MARCO BRATTI È VOLATO IN CIELO. Proprio così lo abbiamo immaginato tutti, dopo anni passati in immobilità e silenzio, ora il Signore ha donato a Marco la possibilità di correre e cantare in Paradiso. Al suo funerale, era chiara quale fosse la frase più sentita e letta: GRAZIE MARCO.

Alessandro De Favero

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