Invictus

SUD PERCHÉ

Nel 1995 la finale della Coppa del Mondo di rugby è stata vinta dal Sudafrica. Questa vittoria ha rappresentato un momento cruciale nella storia del Paese; un’esperienza condivisa, che ha aiutato a sanare le ferite del passato e a infondere speranza per il futuro. L’artefice di questo evento epocale è stato il Presidente Nelson Mandela e i protagonisti, i giocatori della squadra sudafricana di rugby, gli Springboks, guidati dal loro capitano, François Pienaar.

Nel 1994, dopo aver lottato per ben 27 anni in prigione contro l’apartheid, Nelson Mandela viene eletto, da uomo libero, Presidente del Sudafrica e un anno dopo, nel 1995, trasforma la Coppa del Mondo di rugby in una grande occasione per unire in qualche modo una popolazione ancora molto divisa. Mandela intuisce che «Se non potete parlare alle loro menti, parlate ai loro cuori» ovvero: si possono conquistare il cuore, la passione e l’anima di qualcuno… e quale migliore mezzo se non quello del gioco?

“Invictus” è il film che racconta questa storia, quella di un Uomo, con la U maiuscola, pronto a sacrificarsi per un popolo intero, di nuovo e ancora. Lo sport e il gioco vengono mostrati nel film proprio come li intendiamo noi Scout: strumenti di unione, di condivisione, di educazione e di rispetto! La squadra di rugby, che non era certo favorita nella competizione, porta avanti il suo gioco, trascinata dall’entusiasmo e dalla sensibilità del capitano: François che fa sue le parole di Madiba. Lo incontra e rimane affascinato dalla sua spiritualità, una spiritualità che gli ha donato la profonda conoscenza della sua identità e che gli ha consentito di sopravvivere alla prigione fisica e mentale in cui ha trascorso metà della sua vita.

François sembra un Capo Squadriglia che, dalla cima della montagna, scende incontro agli altri, abbracciandoli con responsabilità, cura ma anche paura! Eh sì, François, come ogni persona intelligente, ha paura di non riuscire nella sua impresa, ha paura di deludere la sua squadra… Ma non è proprio la paura a permetterci di “affrontarci” e conoscerci meglio? Nella sequenza più bella del film, la squadra visita la prigione di Mandela e le parole che l’uomo ripeteva senza sosta a se stesso per ricordarsi chi fosse, risuonano in sottofondo:

Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come un abisso che va da un polo all’altro,
ringrazio qualsiasi Dio esista
per la mia indomabile anima.

Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
il mio capo è sanguinante ma indomito

Oltre questo luogo di collera e di lacrime
incombe solo l’orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto stretto sia il passaggio,
quanto piena di castighi la vita,
io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.

Non importa quanta paura abbiamo… Dobbiamo essere noi a superarla!