“Non arrestarti; ma anzi,
con corso veloce e passo
leggero, con piede sicuro,
che neppure alla polvere
permette di ritardarne
l’andare, avanza
confidente e lieta nella
via della beatitudine che
ti sei assicurata.”

Così Santa Chiara scriveva in una sua lettera e niente sembra più attuale e calzante quando si parla di Servizio. Servire significa osare il futuro, significa chiedere a se stessi la voglia di lasciare davvero il mondo un po’ meglio di come lo abbiamo trovato. Il Servizio è la richiesta personale al Rover ed alla Scolta di moltiplicare il proprio tempo. Significa portare sul proprio volto la scritta che la vita ha un senso e che è bello giocarsela.
Lo Scoutismo ci ha fatto proprio un bel dono: sin da bambini siamo cresciuti ricercando la gioia nella felicità degli altri, a piccoli passi su sentieri, piste, in compagnia, fino ad arrivare su una Strada, che riflette le nostre scelte, le nostre fatiche e i nostri successi.
Il Servizio è uno dei mezzi migliori per la nostra crescita, quella del Gruppo, della società e della Chiesa. Ancora, la firma della Carta di Fuoco e della Carta di Clan scandisce chiaramente l’impegno che assumiamo all’interno della Comunità: propositi, buona volontà, sfide, fiducia e onore sono elementi per incamminarsi su una strada nuova che ci porta a crescere e a maturare.
Il Servizio richiede l’umiltà di riconoscere le proprie piccolezze, l’ascolto di cui l’altro ha bisogno, la capacità di adattamento alle diverse realtà incontrate, la responsabilità nei confronti delle anime che ci vengono affidate, l’impegno di portare a termine ciò che si inizia, la competenza che supera l’improvvisazione e la volontà di organizzare e ottimizzare il proprio tempo.
Servire non è il verbo della solidarietà, è l’esercizio della carità, virtù diffusa dallo Spirito Santo e alimentata dall’Eucaristia: non si resiste al servizio senza un alleato speciale, l’Amore di Dio.
Papa Francesco ci offre una ricetta speciale: nell’Ultima Cena, Gesù ci insegna l’Amore con l’Eucaristia e il Servizio con la lavanda dei piedi. Ci ricorda, inoltre, che un servo non è più grande di quello che lo invia, del padrone.

“Da questi gesti nascono i due comandamenti
che faranno crescere la
Chiesa se noi siamo fedeli. Il primo è
il comandamento dell’amore: non
più solo “amare il prossimo come me
stesso” ma un passo in più: “amare il
prossimo come io vi ho amato” …
L’amore senza limiti. Senza questo, la
Chiesa non va avanti, la Chiesa non
respira…
Senza l’amore, non cresce, si trasforma
in una istituzione vuota, di apparenze,
di gesti senza fecondità.
Andare nel suo corpo: Gesù dice
come noi dobbiamo amare, fino
alla fine. Amatevi come io vi ho
amato e poi il secondo nuovo
comandamento, che nasce dalla
lavanda dei piedi.
Due nuovi comandamenti e
un’avvertenza: “voi potete servire,
ma inviati da me, mandati da
me. Voi non siete più grandi di
me”.
Gesù chiarisce infatti: “un servo non è più
grande del suo padrone, né un inviato è più
grande di chi lo ha mandato”.
Questa e l’umiltà semplice e vera, non “l’umiltà
finta”.
Lasciare che lo sguardo di Gesù entri in me.
Sentiremo tante cose: sentiremo amore, sentiremo
forse nulla… saremo bloccati lì, sentiremo
vergogna.
Ma lasciare sempre che lo sguardo di Gesù
venga. Lo stesso sguardo con il quale guardava
a cena, quella sera, i suoi. Signore tu conosci,
tu sai tutto.”
(Papa Francesco, S. Marta 26/04/2018)

Infine, non dimentichiamo che la parola “servizio” in ebraico si traduce abad che ha il significato di “coltivare”. Il Signore piantò un giardino laddove la terra era arida e diede all’uomo il compito di curarlo, coltivarlo e custodirlo. Custodire vuol dire amare, farsi carico, far fiorire la vita.
Ognuno di noi è chiamato a lavorare la sua parte di giardino, siamo servi in Gesù, servi chiAMATI.
Come possiamo tirarci indietro o avere timore?

Buona Strada e buon Servizio
Barbara