Il mitico Saint-Exupery, pilota e scrittore famoso per Il Piccolo Principe, fonte inesauribile di spunti e suggestioni. Quando voglio lasciarmi cullare dalla dolcezza e dalla poesia di parole che rimandano ad oltre, che proiettano lo sguardo verso un mondo dove l’uomo è potenziale protagonista e artefice, promessa possibile di un futuro migliore e speranza quotidiana, allora riprendo in mano un suo libro e leggo, ritorno su pagine già note a confermare sensazioni o trovare nuove visioni. Alcune frasi rimangono poi stampate in testa e diventano motivi guida che si ripetono in vari momenti e occasioni. Piccoli aiuti per interpretare la realtà, sostegno per i passi futuri. Non ricordo dove lessi la citazione che ho poi usato e condiviso in varie circostanze… Terra degli uomini o Cittadella, o Pilota di Guerra… ma è un fatto che non mi ha più abbandonato e trovo in essa una fertilità e una autenticità che mi porta a condividerla ancora, anche qui: “Comunità non è la somma dei nostri vantaggi, ma la somma dei nostri doni”.
Semplicissima frase, poche parole, significato profondissimo.
Noi, immersi nella comunità degli uomini, singoli appartenenti dell’immensa creazione. Comunità composta da tante altre comunità più piccole, dalla famiglia, dal gruppo scout, dalla classe a scuola o dalla squadra sportiva, dalla parrocchia, dal condominio, dal paese e dalla città, dalla Nazione…
In ogni momento facciamo parte di una comunità, anche se non è un’idea che abbiamo sempre presente.
Labile concetto è la comunità, fragilissima entità facilmente smembrabile in singoli individui senza forza. Affascinante sfida che a volte è solo visione che sopravvive nel cuore di pochi sognatori, quasi un’utopia; per tanti è una idea che mai albergherà nei meandri cerebrali. Cosa sicura è che a seconda delle nostre scelte la comunità può vivere oppure sciogliersi in un lampo come cristallo di neve al sole. A seconda delle nostre scelte possiamo creare comunione o solitudine, possiamo convivere o sopravvivere, possiamo vivere insieme o vivere sopra gli altri, a loro spese, a nostro esclusivo frutto, fino a che ce n’è.
Ogni giorno possiamo prendere ciò che riusciamo a portare via: gli oggetti, il tempo, il cuore del nostro prossimo; possiamo chiedere le sue energie, per quello che ci serve. Prendere ed andare, senza farci grosse domande o problemi. Se un giorno, tornando, non troveremo più niente e nessuno non dobbiamo meravigliarci più di tanto. Soli siamo stati e soli si resta. Il calcolo matematico è chiaro e la ricerca del mio vantaggio non fa somma con quello di un’altra persona; generalmente fa sottrazione.
C’è solamente un’unica addizione possibile che costruisce ricchezza e forza e bellezza: è quella che somma dono su dono. L’effetto sinergico e addirittura esponenziale è garantito. Ciascuno di noi può farsi dono, ciascuno di noi può offrire ciò che ha, ciò che è, e metterlo in gioco perché possa servire ad altri. Ciò che porti tu puoi portarlo solo tu e se non lo porti mancherà, sempre.
Tutto quello che si può costruire in questo modo è meravigliosamente imprevedibile. C’è un inatteso dietro l’angolo che spesso ci lascia stupiti.
Il gioco funziona solo se c’è perfetta gratuità, se ciascuno può entrarvi a mani nude, dalla parte del cuore, senza attese da parte di altri e senza imposizione.
Semplicemente si entra perché si vede che è una cosa buona e che se ne può fare parte, che c’è una cosa bella da costruire e condividere, e tu puoi fare la tua parte con un sorriso, e a maniche rimboccate. Questo è il vero servizio, quello che cerchiamo di capire, che ci raccontiamo, che fa parte del nostro essere scout e, ancora prima, cristiani. Fare semplicemente tutto ciò che serve per generare comunità vive, di tutti i tipi, a tutti i livelli, con più persone possibili.
Servire perché ciascuno possa farsi servitore, perché ciascuno possa diventare libero e mettersi al servizio degli altri, libero per amare e servire. In fin dei conti è la rivoluzione del cristianesimo: non si sono più servi ma amici. Si genera una comunità di amici l’uno al servizio dell’altro. Non si entra per
chiedere o pretendere, perché quella è già la porta d’uscita, porta girevole automatica. Si entra per metterci tutto il tuo… che guarda caso ti è stato donato da Chi per primo ti ha chiamato amico. Si entra, e non meravigliarti se resterai stupito dalla potenza della somma dei doni.

Monica D’Atti