– Che forte mal di testa;
– Passerà…
– Forse mi son beccata l’influenza;
– Dai, passerà…
– Perché mi sento stranita e mi danno fastidio le luci?
– PASSERÀ.
– Mi ricoverano in ospedale.
– ORA DEVE PASSARE.

Beatrice, per gli amici “Bebe”, Vio, è nata quasi vent’anni fa a Mogliano Veneto, nel mezzo delle provincie di Venezia e di Treviso, dove ancora vive con i genitori. Già all’età di 5 anni comincia a praticare la scherma che, pensa, sarà per sempre una sua occupazione, chissà, magari anche una passione da praticare per vivere. Nel 2008 capita all’improvviso la malattia dalla quale si salva solo grazie all’amputazione di avambracci e gambe, gli strumenti utili per muoversi, vivere, tirare di spada e fioretto. Si apre per lei il tempo più duro, quello del disorientamento e della paura per tutto quello che sta cambiando e per tutto quello che c’era e adesso non c’è più. Passano 104 giorni di ospedale, passano la terapia intensiva e la chirurgia, passa, o forse non arriva mai, il tempo dello sconforto.
Sì perché, pian piano, Beatrice, con tutte le sue cicatrici, ricomincia a vivere.
La sua passione per la scherma torna a bussare prepotentemente alla porta e a infiammarle il cuore e con lei, anche mamma e papà provano a credere in un grande sogno: riprendere in mano il fioretto e allenarsi ancora.
La sua indole si rivela subito quella di una combattente, non pensa mai, dice, che possa esistere un ostacolo tanto grande da impedirle di tornare alla vita e che possa allontanare la scherma dalla quella stessa vita. Attorno a lei, la sua forza di volontà si sparge fino a contagiare tutte le persone giuste, quelle che, una alla volta, hanno messo a terra i ciottoli per costruire la strada del tornare in piedi, rialzarsi, giocare…in una parola: dare un calcio all’impossibile!
A macchia d’olio questa sfida, apparentemente impossibile da superare, coinvolge molti amici, vecchi e nuovi, che si mettono sulla strada per offrire il loro aiuto, la loro professionalità, competenza e sostegno. Al centro protesi di Budrio, i ricercatori progettano e riescono a realizzare le protesi adatte, il Comitato Paralimpico Italiano offre la sua consulenza anche mettendo a disposizione di Beatrice i migliori allenatori, anche le due maestre di scherma di Mogliano, che l’avevano seguita da piccolina, si fanno trovare pronte e danno il loro contributo.
Così nel 2010, a due anni di distanza dalla malattia e ancora senza la protesi adatta, la futura campionessa dà qualche giro di scotch per mettere insieme braccio e fioretto e si rimette in gioco. A quel punto, quando le vere protesi sono realizzate, Beatrice è la prima atleta in Europa ad avere il braccio armato protesizzato.
Da qui in avanti possiamo solo registrare i suoi successi, fatti di allenamento, cuore, determinazione, capacità e di una grinta formidabile, che non si arrende e non si piega a nessuna sfida.
Un elenco destinato ad allungarsi: 2014, medaglia d’oro individuale ai campionati europei, medaglia d’oro anche nella competizione a squadre; 2015,
oro ai mondiali di scherma; Olimpiadi 2016, bronzo nel fioretto a squadre e oro nell’individuale.

Chissà se se lo sarebbe mai immaginata, di arrivare sul gradino più alto battendo tanti avversari, ma soprattutto la paura, i cattivi pensieri, l’autocommiserazione, l’ansia e le tante “belve” che stanno in agguato per tentarci nel deserto e insinuarsi nella mente lungo il cammino.
Chissà quante volte nella vita di tutti i giorni siamo in quel deserto.
Forse questa piccola luce può darci un’altra prova che vincere sulla tentazione e la negatività È POSSIBILE.

Silvia Breda