Cambierai il mio lutto in danza, cambierai dolore in gioia, sì!

Si Si canta e si balla, ma non è l’ultima puntata di “Amici di Maria De Filippi”. Siamo al Cammino di Pasqua 2015, del Distretto Nord-Ovest. Rover e Scolte si radunano da tutta Italia per celebrare la morte e la risurrezione di Gesù Cristo. Ovviamente lo facciamo nel tipico stile delle Terze Branche: Strada, Comunità, Servizio, Spiritualità. Si parte, il mercoledì, dalla stazione di Malnate e si toccano nei giorni successivi Cantello, Induno Olona, fino ad arrivare, il sabato, a Varese e precisamente al Sacro Monte. Qui, in una atmosfera a dir poco suggestiva, si celebra la Veglia pasquale.
È il giorno di Pasqua giorno della risurrezione di Gesù Cristo, figlio di Dio. Un giorno che porta felicità nei cuori di chi vive la Fede in Cristo. Ma c’è un personaggio, un’entità che questo giorno proprio non riesce a goderselo; è triste, infuriato, i ragazzi di oggi direbbero “rosica di brutto”; è il Demonio, che si vede sconfitto. Lui, il peccato e la morte vengono superati dalla risurrezione di Gesù.

LA CROCE
Non è, però, tutto bello e facile. C’è un passaggio obbligato e scomodo da attraversare necessariamente per poter risorgere: è morire. Il Signore ha deciso di farlo nel peggiore dei modi: umiliato, flagellato, insultato, trafitto nella carne da chiodi di uno spessore tale da riuscire a mantenerti appeso a due pezzi di legno. Lui ha scelto di morire così, per trasmetterci fiducia e speranza: se lui ce l’ha fatta a vincere la peggiore delle morti, noi nella nostra vita non possiamo aver paura di morti “migliori”.
Già, “morti”, al plurale. Quante volte nelle nostre vite sperimentiamo la morte? Se ci pensiamo bene, si tratta di un ciclo continuo. Stiamo parlando di una morte in senso lato, generico, intesa come fine dolorosa di qualcosa. La fine di un rapporto affettivo o di amicizia, la delusione per non essere riusciti ad ottenere il superamento di un esame o una posizione lavorativa prestigiosa in carriera, non aver raggiunto un risultato; sono solo alcuni esempi di dolore, di sofferenza, di morte, che tutti noi viviamo quotidianamente. In queste occasioni, facilmente cadiamo, a causa della nostra debolezza, nella trappola che tende il Demonio: delusione, frustrazione, odio, pensieri disfunzionali: “non sono capace”, “non ci riesco”, “è colpa mia” oppure “è tutta colpa degli altri”, “la mia vita è uno schifo”, “non ce la farò mai”, “chi vorrà stare con uno/una come me?”; alzi la mano chi, difronte ad una sconfitta, non ha mai pensato qualcosa del genere.

IL MASSO
In questi casi è facile sentirsi depressi, persi, avere la tentazione di buttarsi via, essere scoraggiati rispetto a se stessi ed alla vita. Ci sentiamo soli, abbandonati, arrabbiati; è come se un masso pesante ci opprimesse, ci schiacciasse, tarpasse le nostre ali e ci impedisse di spiccare quel volo che dentro sentiamo comunque di essere chiamati a spiccare. Le nostre angosce, le nostre paure, le nostre debolezze sono ferme sotto il peso del masso, che le blocca e le fa rimanere tali. In questi momenti ci sembra di non riuscire ad andare né avanti né indietro, abbiamo paura di scegliere qualunque via risolutiva, pur avendola magari davanti a noi, perché temiamo di sbagliare la scelta. D’altronde perché una persona inutile e non degna di amore dovrebbe improvvisamente riuscire a fare la scelta giusta e risolvere la propria oppressione? Figuriamoci poi vincere una morte! Quel masso è troppo pesante da spostare, non ci riusciremo mai. Beh, una cosa è certa: da soli è davvero difficile farcela. Niente illusioni. Ma c’è qualcuno nella storia, che da morto è riuscito a spostare un masso decisamente pesante: quello che chiudeva il suo sepolcro. Il masso che ostruiva è stato scalciato via, Dio questa capacità ha dimostrato di averla (leggi il Vangelo di Marco 16,1-8).

LAVARE I PIEDI
E noi come faremo a spostare il nostro masso ed a risorgere nella nostra vita, ogni qual volta dovessimo sperimentare una situazione di morte? Beh, innanzi tutto abbiamo visto come senza di Lui non abbiamo la forza necessaria per riuscirci. Ma il Signore ci lascia delle indicazioni prima di morire; una in particolare. Compie un gesto, che potrebbe non dirci molto, ma che in realtà è il segreto della “ricetta” e che noi scout abbiamo, da sempre, sotto il naso, tanto che mi sembra quasi banale e ripetitivo scriverlo: il servizio al prossimo! Non solo il servizio all’interno dello scoutismo, rivolto ai ragazzi, ma anche quello che possiamo esercitare a casa, in famiglia; nei confronti della persona che abbiamo scelto accanto nella nostra vita; con le persone che ci circondano in tutti gli ambienti in cui viviamo: amicizie, sport, lavoro, comunità, persino persone che incontriamo durante la nostra giornata, che non conosciamo e che magari non ci capiterà mai più di incontrare sul nostro cammino. Il Signore ci dà testimonianza di questo, poco prima di morire. Pensate come e quanto una parola che per noi scout sembra quasi il pane quotidiano, cui spesso non riusciamo più a dare una valenza autentica, a causa delle numerose volte in cui l’abbiamo sentita, in realtà sia fondamentale. Quante cose avrebbe potuto fare il Figlio di Dio in un momento così importante come la sua dipartita; quanti gesti “clamorosi” avrebbe potuto mettere in atto per portarci “dalla sua parte” e Lui, invece, cosa decide di fare? Di farsi servo! Ha perso un’occasione? Può darsi, ma mi rimane difficile credere ad una simile ipotesi tenendo conto di chi fosse il “personaggio” in questione. Ma le cose belle ed alte vanno conquistate. La parte migliore della vita non è per tutti, bisogna volerla, sceglierla; a questo serve il libero arbitrio.

Abbracciami Dio dell’eternità, rifugio dell’anima,
grazia che opera. Riscaldami fuoco che libera,
manda il tuo Spirito, Maranathà Gesù.

Come le perle non si danno ai porci, anche per il servizio c’è una fatica da compiere. Come per risorgere c’è da passare attraverso la morte, così per servire c’è bisogno di umiliarsi, di rendersi conto dei propri limiti, di comprendere il proprio stato di peccatore e sapersi affidare. Se ci pensiamo bene, infatti, non è facile lavare i piedi a qualcuno, ma è ancor più difficile lasciarseli lavare. Non è sempre facile amare, ma è ancor più difficile lasciarsi amare. Il Signore non cerca un discepolo perfetto, ma solo un essere che si lasci amare da Lui. Questa è un’altra sfida per noi credenti da affrontare e da vincere. Il Signore ci pone, dopo una morte, sempre una possibilità di risurrezione, ma noi dobbiamo essere pronti ad accoglierla; dobbiamo essere in grado di aprirci alle sue soluzioni, riconoscere chi e cosa Lui ci mette davanti per sentirci amati e poter risorgere, dopo essere morti ed aver fatto rotolare via il masso. In questo modo Lui cambierà il nostro lutto in danza ed il nostro dolore in gioia. Si canta e si balla sul Sacro Monte di Varese.

NON NOBIS DOMINE,
SED NOMINI TUO DA GLORIAM!

Emanuele Porcacchia – Incaricato Distretto Roma Ovest

Le foto possono essere visualizzate su
· Album Fotografico Fra Andrea – pagina Facebook
· “Cammino di Pasqua” – pagina Facebook

a cura di David Giovannoli